di Massimo Palozzi - Le immagini del sindaco di Firenze Dario Nardella, che insegue urlando gli imbrattatori di Palazzo Vecchio e poi si mette a ripulire lo storico edifico, hanno rapidamente fatto il giro del web diventando subito virali.
L’episodio risale a venerdì, quando un paio di attivisti del sedicente movimento ambientalista Ultima generazione hanno lanciato vernice arancione su Palazzo Vecchio proseguendo una serie di iniziative di danneggiamento di opere d’arte studiate per richiamare l’attenzione sui temi dell’ecologia e dei cambiamenti climatici. Il prodotto utilizzato era lavabile, ma non per questo non in grado di causare danni. In più ci sono voluti cinquemila litri d’acqua per rimuovere il colore.
L’ennesima bravata compiuta in nome di un totalmente frainteso impegno ambientalista è stata sonoramente fischiata dai turisti presenti e questo è un segnale incoraggiante, perché l’attivismo è prezioso, ma se sconfina nel fanatismo iconoclasta allora sono dolori.
Le incursioni di Ultima generazione si stanno in effetti rivelando un boomerang: invece di risvegliare coscienze assopite, registrano reazioni stizzite da parte di tutti, favorendo all’opposto il diffondersi delle tesi più prudenti rispetto all’incidenza delle attività umane sui fenomeni climatici estremi. Con relativi esiti politico-elettorali.
Qualche mente votata al complottismo potrebbe persino arrivare a ritenere che i raid pseudo ambientalisti siano organizzati proprio dai quei tanto evocati poteri forti interessati a mantenere basso il livello di vigilanza sull’ecosostenibilità, tanto i risultati sono contrari alle aspettative. Parlando più seriamente, il tema dello sfregio al decoro urbano è uno di quelli maggiormente sottovalutati ma altrettanto importanti perché determina il contesto nel quale si inseriscono gli eventi programmati per rilanciare l’offerta culturale e ravvivare il circuito economico. È un po’ come invitare degli ospiti a cui viene offerto un sontuoso banchetto in una casa sporca e poco curata: per quanto raffinata possa essere la mise en place e gustosi i manicaretti, se l’ambiente è respingente tutta l’operazione finirà in un fallimento.
Il progetto contro il vandalismo grafico promosso dal Comune di Rieti coglie allora nel segno quando si propone di sensibilizzare i giovani su una tematica spesso negletta o poco considerata nelle sue reali dimensioni e conseguenze. “Unwrite” è il titolo della campagna informativa presentata lo scorso 7 novembre che sta accompagnando le scuole reatine con un richiamo all’articolo 9 della Costituzione, quello che tra l’altro tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione.
Protagonisti di una bella iniziativa sono stati questa settimana gli alunni dell’Istituto Comprensivo “Giovanni Pascoli”, autori di una performance di musica e danza ispirata all’antica produzione del guado nello storico quartiere dei Pozzi e sviluppata in un ideale percorso di raccordo tra epoche diverse.
Il lavoro dei ragazzi della Pascoli è solo l’ultimo in ordine di tempo. A inizio mese era toccato agli studenti dell’I.S.S. “Luigi di Savoia” approfondire il concetto di bellezza urbana in contrapposizione a quello di degrado, su direttrici comprese tra osservazione, fotografia e apprendimento cooperativo.
Anche l’Istituto Comprensivo “Marconi Sacchetti Sassetti” ha aderito con ottimi risultati al progetto lanciato dall’assessore alla Cultura Letizia Rosati. Un paio di settimane fa gli studenti hanno affrontato la tematica prediligendo le attività digitali, letterarie e figurative con l’utilizzo di metodologie innovative: dal cooperative learning ai laboratori di didattica esperenziale basati sulla mappatura del territorio, al peer to peer (letteralmente “educazione tra pari”), un espediente in base al quale alcuni membri di un gruppo vengono formati per svolgere al suo interno il ruolo di educatori dei loro stessi compagni.
L’idea sta insomma funzionando come approdo verso un’educazione civica consapevole e concreta. I ragazzi rispondono bene, anche perché adeguatamente stimolati da insegnanti motivati e capaci. La domanda da porsi adesso è: basterà? “Unwrite” prende infatti lo spunto da una condizione gravemente compromessa soprattutto del centro storico. Tolte le aree più esposte, vicoli e piazze del cuore antico di Rieti sono preda del continuo assalto di graffitari da strapazzo che imbrattando i muri pensano di autoaffermare la propria personalità. In realtà si tratta solo di vandali che causano danni ingenti e imbruttiscono in maniera demenziale la città dove vivono.
Girare per il centro storico da questo puto di vista è deprimente. Lo stesso effetto che coglie prendendo un treno o semplicemente sostando al passaggio a livello chiuso con le “littorine” che transitano massacrate da scarabocchi colorati.
Sarebbe lungo indagare sulle cause di questi disordini comportamentali. Così come sarebbe sbagliato liquidarli come semplici ragazzate. Da questo punto di vista l’attività pedagogica insita nel progetto “Unwrite” arriva in ritardo rispetto a dinamiche fin troppo radicate, che per essere rovesciate hanno bisogno di sostegno attivo ad ogni livello della società: dalla famiglia alla scuola, dai social alle istituzioni.
Lo stesso Comune di Rieti in anni recenti era intervenuto con un taglio culturale interessante tentando di promuovere l’approccio artistico dei murales. Le opere di Ozmo sulle facciate del Tribunale e della Camera di commercio volevano proprio servire ad offrire un’ottica nuova sul fenomeno, spingendo i pittori della bomboletta a concentrare i loro sforzi su processi creativi maturi.
Visto lo stato del centro storico, sopravvive l’amara consapevolezza che di strada da fare ce n’è ancora tanta. Comunque sia, se il progetto dell’assessore Rosati servirà anche solo a titillare la coscienza dei giovani su un argomento serio come il vandalismo grafico, lo sforzo non sarà stato vano.
19–03-2023