a cura di Massimo PALOZZI

Aprile 2017

POLVERI SOTTILI

UNA STORIA SBAGLIATA

sisma

Da reietto a priorità. La storia recente dell’ospedale di Amatrice merita di essere ricordata per comprendere come le dinamiche della politica siano spesso volubili e così lontane da quelle della società civile.

Dopo che già nel 2012 si era corso il richio della sua soppressione, nel 2014 la Regione ne decretò la chiusura nel quadro di tagli alla sanità laziale che avrebbero dovuto aiutare a recuperare, almeno in parte, il megadebito che si era accumulato negli anni.

A lungo l’amministrazione comunale e i sindacati lottarono per scongiurare la chiusura del nosocomio, per il quale si era pensato a un declassamento a  Casa della Salute. Memorabile al tempo fu la minaccia di secessione verso l’Abruzzo da parte del sindaco Sergio Pirozzi, un’iniziativa forse un po’ folkloristica, ma senz’altro efficace sul piano mediatico.

Alla fine il “Grifoni” si salvò perché venne inserito, seppure in ritardo, nella lista degli ospedali di “zona disagiata” e considerato come un presidio indispensabile in un’area montana, isolata (l’ospedale più vicino sarebbe stato quello di Rieti, a 70 chilometri) e, per ironia della sorte, a forte rischio sismico.

A distanza di soli due anni, quello che non era riuscito ai burocrati della Pisana lo ha purtoppo fatto il devastante terremoto del 24 agosto 2016. Quel giorno l’ospedale è venuto giù insieme al resto della città e, come per incanto, tra i primi buoni propositi seguiti all’evento è spuntata l’idea di riedificarlo, cioè di rimettere in piedi quella stessa struttura che fino a poco tempo prima la Regione voleva chiudere. Comunque la si rigiri questa è una storia sbagliata (mentre le liste di attesa della sanità laziale continuano a registrare record negativi).

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