(di Manuela Marinelli) L’ultima ricerca artistica di Alessandro Melchiorri lo ha portato a rivisitare l’acquaforte e l’acquatinta, rimescolando le carte della tradizione. Così, nelle sue ultime opere, la tecnica antica dell’incisione si fonde con il collage, i graffiti e l’inserto di svariati materiali. Suggestioni di contemporaneità, nell’applicazione di brandelli di giornale, si innestano a scorci di natura e di città, nel solco della più classica pittura di paesaggio.
La tecnica è quella consolidata e perfettamente padroneggiata da Melchiorri. Su una lastra di zinco è stata incisa un’immagine che è divenuta la base dell’elaborazione successiva. L’immagine iniziale può essere un’acquaforte oppure un’acquatinta. In questo caso con della polvere di bitume, un volta scaldata la lastra, si è ottenuto il chiaroscuro che ha conferito profondità e volume all’immagine. Su questa base, che in realtà è già un’incisione autonoma da cui si potrebbero tirare varie copie, Melchiorri ha inserito paglia, erbe, ritagli di giornale, oppure brandelli di garza o addirittura cavetti di gomma. In alcuni casi l’opera è stata cosparsa di polvere d’oro, su altre incisioni sono stati tracciati segni con la bomboletta spray. Le 52 acqueforti, fin qui realizzate, sono state colorate con colori calcografici, impastati su pietra di marmo e poi applicati col tampone sulla lastra. Infine con una garza detta “tarlatana” è stato tolto l’eccesso di materiale cromatico, successivamente steso uniformemente. Puliti i bordi, per non sporcare la stampa, la lastra è stata passata al torchio su carta non collata. Il risultato è un’opera costituita da materiali eterocliti, assimilabile ad un collage senza che in effetti lo sia veramente, se non in fase iniziale. L’opera quindi non è più una classica incisione tradizionale e soprattutto non si può tirare in diverse copie. Ogni opera è una prova unica, irripetibile, con un valore analogo ad un dipinto. È il frutto di un sapiente controllo della casualità che viene aggirata e neutralizzata da una conoscenza approfondita delle tecniche e dei diversi comportamenti dei reagenti e dei materiali impiegati. In un’epoca in cui nell’arte, come in molte altre manifestazioni culturali, si valorizza la casualità fino alla deriva dell’approssimazione e alla sottovalutazione dell’abilità tecnica a favore di una presunta spontaneità, le opere di Melchiorri si distinguono proprio per il contrario, dimostrando che, per dire qualcosa si deve anche saperlo dire. La tecnica non è certamente un fine, ma, come disse già alla metà del Novecento McLuhan, “Il medium è il messaggio”. Il brutto in arte è sempre stato indagato e rappresentato, ma è stato poi confuso con l’inessenzialità del saper fare. Così il brutto in arte è diventato arte brutta, espressione della bruttezza di un’epoca, la nostra, che non sa più riconoscere la bellezza. Invece Melchiorri riesce a esprimersi proprio grazie alla sapienza tecnica che sostiene e veicola il suo messaggio.