a cura di Massimo Palozzi

Febbraio 2022

IL DOMENICALE

RIETI È DA RICOSTRUIRE?

amministrazione

di Massimo Palozzi  -  Commentando l’intervista rilasciata domenica scorsa al Messaggero da Claudio Di Berardino in qualità di probabile concorrente alle primarie del centrosinistra per la scelta del candidato sindaco, Daniele Sinibaldi ha scritto sulla sua pagina Facebook un post piuttosto severo per prendere le distanze dall’assessore regionale, che proprio ieri ha ufficializzato la sua discesa in campo: “Noi al contrario siamo ben piantati con i piedi nella nostra città, conoscendone le mille difficoltà e criticità, ma anche le speranze e le prospettive. Per questo non ne parleremo mai male… Ai nostri avversari voglio dire solo una cosa, prima di denigrare Rieti… AMATELA!”.

In realtà i toni e i concetti espressi da Di Berardino suonavano tutto sommato pacati e per niente denigratori. La cosa curiosa è invece che Sinibaldi, attuale vicesindaco e assessore comunale alle Attività produttive e al Turismo, nonché coordinatore provinciale di Fratelli d’Italia e candidato del centrodestra alle prossime amministrative, ha pubblicato questa sua riflessione accanto a un’inequivocabile dichiarazione d’intenti: “Ho deciso di impegnarmi in prima persona e dare il mio contributo… Oggi più che mai siamo chiamati a ricostruire la città”. Al netto di ogni retorica, uno che scrive di una città da ricostruire non dimostra di averne un’opinione molto alta. Ma la vera incongruenza è che a vergare quelle parole di critica così definitive è un amministratore in carica, anzi uno dei massimi esponenti della giunta uscente, peraltro espressione della parte politica che ha governato Rieti per 23 degli ultimi 28 anni, da quando cioè è stata introdotta l’elezione diretta del sindaco. Se davvero Rieti è messa così male, con chi se la dovrebbe prendere il popolo degli amministrati?

La sfida lanciata da Sinibaldi è comunque interessante per un motivo diverso dall’incerta tenuta delle tesi proposte agli elettori. E riguarda la questione cruciale se Rieti sia davvero da ricostruire. Attenzione alle parole, perché per dirla con Nanni Moretti, le parole sono importanti. Ricostruire è un verbo assoluto. Impegnativo e radicale. Dunque va usato con accortezza. Amatrice e tutti i borghi devastati dal terremoto sono da ricostruire. Lo stesso vale per Rieti? Da un punto di vista materiale ci sono in effetti tante cose letteralmente da ricostruire: le aree industriali dismesse nel cuore della città, la ex caserma dei Vigili del fuoco, alcuni istituti scolastici, l’ospedale vecchio (l’unico per il quale si sia mosso qualcosa). Nel suo complesso l’antica Reate è però più da rilanciare che da ricostruire. Da corroborare con una iniezione di energia ma allontanando il senso si sfiduciato sfinimento che l’immagine della ricostruzione inevitabilmente finisce per suscitare.

A Rieti occorre semplicemente una classe dirigente competente e proattiva, capace di guardare lontano superando la logica del belletto, per cui una volta si asfaltano cento metri di strada, un’altra si taglia qualche ramo da alberi ormai frondosissimi, un’altra ancora si installano solitarie colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici. Rieti, insomma, va accudita e sviluppata, non pianta come Cartagine dopo le guerre puniche.

Al limite, “costruire” si attaglia meglio al tempo presente che non “ricostruire”, concetto che presuppone la distruzione totale per una ripartenza da tabula rasa. Nonostante qualcuno ci abbia provato con politiche scellerate o, peggio, con l’assenza di politiche vere e serie, Rieti ci guarda dall’alto della sua storia ultra bimillenaria con materna comprensione, mentre i gestori della cosa pubblica (sempre pro tempore, non dimentichiamolo mai) si autopromuovono con urticante protervia e sprezzo del ridicolo.

Oddio, anche sul “costruire” bisogna stare attenti. Le ultime performance non sono certo classificabili come monumenti alla buona amministrazione. L’eterna incompiuta dell’ascensore tra via San Pietro Martire e piazza Cesare Battisti sta lì ad inchiodare responsabilità evidenti. Stessa musica per la nuova rotatoria di via Angelo Maria Ricci, dove non soltanto autobus e camion non possono girare senza invadere la corsia opposta, ma il traffico è peggiorato rispetto a prima, di pari passo con la qualità della vita dei residenti.

Allora prima di costruire dal nulla sarebbe opportuno valorizzare l’esistente come si fa con l’argenteria ricevuta in eredità. Una bella spolverata, qualche ritocco all’occorrenza e via di nuovo in vetrina, recuperando magari anche una funzione pratica.

Terremoto e pandemia hanno prodotto risultati devastanti in termini economici e morali. Sul secondo aspetto la forza d’animo dimostrata nei secoli dinanzi a pari sciagure non dovrebbe mancare neanche stavolta. Magari con riflessi diretti sulla ripresa economica. Le imprese tuttavia da sole non ce la possono fare, se si escludono i grandi gruppi che pure hanno scelto la provincia per insediarsi. Ad esempio l’IBM, con il suo centro di eccellenza, e le multinazionali attratte dal polo logistico di Passo Corese. Quella è stata un’iniziativa di indubbio successo. Con le differenze del caso, misure analoghe andrebbero applicate per risollevare le sorti del Nucleo industriale Rieti-Cittaducale: tutto sta a scoprire se c’è qualcuno in grado di proporre adeguate ricette per sostenere le tante industrie piccole, medie, ma anche piccolissime, che lottano per sopravvivere e per tenere compatto un territorio che sul piano sociale rischia ogni giorno di destrutturarsi. O ancor meglio per rendere il Nucleo appetibile verso nuovi investimenti.

In queste dinamiche il ruolo del Comune non sarà risolutivo, ma sicuramente potrebbe rappresentare l’ente aggregatore di politiche locali non più rinviabili.

Di fronte al cinismo imperante e al disincanto che porta ormai stabilmente gli elettori a disertare le urne, il confronto di idee e programmi è l’unica alternativa alla vuota retorica. Per questo il centrosinistra avrebbe dovuto sciogliere prima il nodo del candidato dopo essersi a lungo logorato nella vana ricerca di una formula condivisa. Il 6 marzo è la data fissata per le primarie. Troppo in là, nonostante l’indubbia valenza democratica dell’esercizio. Anche agli altri soggetti che hanno annunciato di voler partecipare alle prossime amministrative è richiesto di abbandonare con la massima sollecitudine le ambiguità dimostrate finora. Il Terzo Polo di orientamento centrista al momento rimane più uno slogan che un progetto politico. Allo stesso modo il Movimento 5 stelle approfitta della decisione del centrosinistra di ricorrere alle primarie per tenersi le mani libere almeno al primo turno, uscendo da un’alleanza organica del fronte progressista e riservandosi una libertà di manovra comprensibile agli apparati di partito ma un po’ meno ai cittadini-elettori.

Qui torniamo al punto di partenza. Conoscere candidati e liste non serve solo a soddisfare una curiosità di superficie. Serve piuttosto a capire che idea di città hanno coloro che si apprestano a chiedere il voto ai reatini. Se davvero pensano che sia da ricostruire da zero o se sono in grado di dimostrare una reale capacità di elaborazione dell’esistente per proporre una prospettiva di sviluppo realmente in grado di intercettare le enormi potenzialità dell’era digitale, combinate con la concretezza delle disponibilità contingenti.

 

06–02-2022

 

 

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