a cura di Massimo PALOZZI

Novembre 2018

POLVERI SOTTILI

RIETI 2020, LA CENTRALE IDROELETTRICA E LA PASSERELLA SUL VELINO

città

di Massimo Palozzi

Ad un anno esatto dall’apertura del cantiere per la realizzazione della minicentrale idroelettrica sulla sponda destra del Velino, all’altezza delle chiuse della Giorlandina, è arrivata puntuale la contropartita, quella sorta di indennizzo alla collettività che in termini tecnici si chiama opera di compensazione.

Si tratta di una passerella pedonale che scavalca il fiume da Foro Boario a viale Dupré Theseider, realizzata dalla società privata che ha costruito l’impianto e che lo gestirà insieme al Consorzio di Bonifica. Valore del manufatto: cinquantamila euro, un’inezia.

Il ponticello dovrebbe servire a bilanciare le alterazioni ambientali create dalla centrale che, per la verità, è stata progettata in maniera tale da essere praticamente invisibile, in quanto quasi completamente interrata. Oltretutto, nel contratto di servizio è previsto anche il ripristino dello stato dei luoghi a seguito dei massicci lavori di sbancamento effettuati sugli argini del fiume.

Dunque, scarso impatto paesaggistico e di conseguenza scarsi danni da rifondere ai cittadini di Rieti. Almeno al momento, considerando che non sono ancora del tutto sopiti i comprensibili timori degli abitanti della zona preoccupati del possibile inquinamento acustico generato dai macchinari, una volta che lo stabilimento sarà entrato in funzione.

Il valore assolutamente trascurabile del piccolo ponte ha suscitato tuttavia alcune polemiche prese di posizione da parte di esponenti dell’attuale maggioranza che governa il Comune, i quali avrebbero voluto dal privato un concambio più consistente di quello accettato dalla precedente giunta. L’obiezione è legittima ma, vista da una prospettiva rovesciata, la modesta entità della ricompensa può e deve intendersi come la riparazione ad un grado di aggressione all’ambiente talmente minimo da rivelarsi irrisorio. Se tutto è in regola, il sillogismo non solo regge, ma è da prendere ad esempio: finalmente si realizza un impianto produttivo a basso impatto, capace di generare lavoro e reddito, per di più in un contesto intrernazionale in cui l’approvvigionamento di risorse energetiche risulta assai accidentato anche a causa delle recentissime sanzioni americane all’Iran e delle tensioni sorte intorno alla realizzazione del TAP, il gasdotto trans-Adriatico con sbocco in Puglia, che dovrebbe portare in Italia il gas dall’Azerbaigian.

In questi giorni ricorrono i 120 anni dell’inaugurazione della centrale Bertini a Milano, il primo impianto aperto in Europa per la produzione di energia idreoelettrica e tuttora in esercizio.

In un Paese come il nostro povero di idrocarburi e in un mondo che dovrebbe essere sempre più attento alle conseguenze ambientali delle azioni umane, la produzione di energia da fonti pulite e rinnovabili costituisce un obbligo tanto economico quanto morale.

Ben venga dunque la minicentrale della Giorlandina, anche con il suo trascurabile corollario compensativo.

La cosa avrebbe naturalmente un sapore del tutto diverso se la misera passerella rappresentasse la sanatoria ad un’offesa di più ampia portata agli interessi della collettività. Ma in quel caso non sarebbe tanto l’entità del ristoro a dover preoccupare quanto quella del danno causato: accettabile o no?

In altre parole, di fronte ad un vulnus ambientale più profondo, sarebbe stata sufficiente una maggiore monetizzazione del contraccambio o si sarebbe dovuto opporre un rifiuto pregiudiziale, di principio, per evitare conseguenze eccessivamente negative? E’ chiaro che, in presenza di un danno, il risarcimento deve essere commisurato alla sua entità, ma qui è in gioco l’essenza stessa delle scelte politico-amministrative e il limite oltre il quale esse non possono spingersi nella contemperazione degli equilibri tra un progresso vantaggioso e un cedimento sopportabile.

C’è infine un’ultima questione nodale da dirimere. Con il suo investimento di 3,8 milioni di euro, la minicentrale idroelettrica è considerata la capofila dell’intera serie di misure varate dalla precedente amministrazione di centrosinistra nell’ambito dell’iniziativa Rieti 2020 e del cosiddetto Parco Circolare Diffuso. Un progetto distribuito su 13 interventi (alcuni dei quali modificati dall’attuale maggioranza alla guida del Comune dopo le elezioni dell’anno scorso) che prevede un piano di rigenerazione urbana da 20,4 milioni di euro, di cui 15 di parte pubblica e il resto a carico dei privati.

Nel frattempo, i fondi hanno rischiato seriamente di essere ritirati dal nuovo governo che ad agosto, con il decreto Milleproroghe, aveva congelato la seconda tranche di finanziamenti. Ne è seguita un’alzata di scudi dei sindaci dei 96 Comuni coinvolti dallo stop (tra cui Rieti) che ha portato due mesi dopo alla sottoscrizione di un accordo tra governo e Anci per rimettere in campo i soldi, in attesa della definizione delle modalità concrete di erogazione.

Attenzione quindi a non lasciarsi distogliere da questioni di contorno pur importanti come il valore della passerella sul Velino, quando l’ascensore tra via San Pietro Martire e piazza Cesare Battisti è ancora fermo al palo, nonostante la fine dei lavori fosse stata fissata al 12 novembre 2014.

Con la crisi delle finanze pubbliche e la riottosità dei privati ad investire sul territorio, è vitale badare al sodo, focalizzando le priorità in base alle (rare) occasioni che capitano, senza distrazioni né tentennamenti.

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