a cura di Rino PANETTI

Giugno 2020

MAGICAMENTE

QUEL 5% CHE SERVE PER FARE DEL VIRUS UN’OPPORTUNITÀ

formazione

(di Rino Panetti) Eccoci nuovamente!

Ho atteso con impazienza il via dell’editore di Format a riprendere questo particolare cammino insieme, tra stimoli, suggestioni, magia, intuizioni.

Al pari di ogni ripresa, la sfida che si pone è particolare: come riaccendere i motori? Come ristabilire quel contatto? Come riannodare fili?

E’ con questo pensiero in testa che ho ripensato a un articolo di qualche giorno fa, uno dei tanti sulla vita al tempo del corona virus: le persone introverse sarebbero avvantaggiate nel vivere la quarantena rispetto alle persone estroverse, questo si affermava in quello scritto.

Ci ho riflettuto. Qualcosa non mi convinceva…ma cosa, esattamente? Più o meno questo.

C’è una cosa che ho imparato nel tempo, frequentando persone e ambienti orientati al cambiamento, alla ricerca dell’innovazione e del nuovo. Ognuna di queste persone ha una caratteristica che le accomuna: dedicano costantemente una parte del loro tempo alla progettazione del futuro.

Questo atteggiamento è espresso in modo egregio da Peter Drucker, uno delle menti più brillanti su questi temi. Egli affermava che dovremmo sempre riservare una sia pur piccola percentuale del nostro tempo (un 5% ad esempio) al nostro futuro. Pensate alla forza di questo messaggio non solo per ciascuno di noi, ma anche per le organizzazioni e i territori. Se il 100% del nostro tempo è destinato a gestire l’ordinario, finiamo per passare una vita di azione-reazione, passando da un problema all’altro (solo problemsolving e mai problemsetting).

Prendete un territorio: quante risorse (in termini di tempo, investimenti, strategie, attenzioni) dedicano al futuro del territorio?

E, seguendo il ragionamento di Drucker, quel 5% non andrebbe mai ridotto, anche (soprattutto!) in periodi di crisi.

E allora, cosa è accaduto in questi due mesi di corona virus? Tutti (chi più, chi meno) abbiamo visto ridursi l’impegno sulle attività ordinarie; le persone abituate però a riservarsi costantemente spazi per progettare e costruire il futuro hanno esteso quegli spazi e riversato ancora più energie e risorse (in termini di tempo, se non altro) verso questa dimensione. Di contro, chi era abituato solo e soltanto a focalizzarsi sull’ordinario, sul quotidiano, si è ritrovato spesso incapace di cambiare marcia, semplicemente perché avrebbe dovuto attivare meccanismi per i quali non aveva l’abitudine, la dimestichezza, la padronanza, per i quali non padroneggiava i meccanismi.

Non ci si improvvisa persone orientate al futuro. Questa è una disciplina da sviluppare nel tempo, nel quotidiano, per la quale occorre attivare (o riattivare) atteggiamenti e approcci: solo questo lavoro costante ci pone poi in condizione di conseguire risultati, quando sarà necessario confrontarsi col futuro e l’incertezza. Così, se dovessi riassumere in un unico insegnamento questo tempo di corona virus, direi: risvegliamo la nostra cura del futuro, troviamo il modo di appropriarci di quel 5% del nostro tempo distogliendolo dalla routine, dalla manutenzione dell’ordinario. Possiamo farlo. Dobbiamo farlo!

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