di M.Antonietta Dionisi - Il tavolo del mio laboratorio grida pietà: il fermento è tanto oggi, come “ai vecchi tempi”, ma che dico, anche io mi faccio prendere dal “ritorno alla normalità”? Se vuol dire vedere gli scatoloni accatastati vicino alla porta in attesa di smistamento, i clienti che vanno e vengono facendo lo slalom, i loro scambi di idee cercando tra i prodotti, allora sì, posso azzardare la parola “normalità”, ma suona stonata perché in realtà sappiamo tutti che il concetto è cambiato dentro di noi, non nelle cose che facciamo. Se ancora cerco sul tavolo tra i nastri intrecciati quelli giusti per una delle mie sfere natalizie e trovo una statuina del presepe che pensavo di aver perso, se qualche cliente entra e mi dice che non aveva mai visto “questo negozietto”, allora forse sì, è di nuovo come allora, tanto tempo fa: “c’era una volta” come nelle favole. Con questo stato d’animo sto attraversando il mio quindicesimo Natale, praticamente un’era geologica nel mondo della creatività, un’era da raccontare a chi solo ora si appresta a gustare il piacere di fare. Mi scorrono davanti i cambiamenti delle mie vetrine nel corso degli anni, quando a farla da padrone era il grande presepe artigianale in movimento e mi piaceva sentire le espressioni di meraviglia dei bimbi che si fermavano a curiosare.
E vai a smontarne la metà per vendere un meccanismo, riempire una fontana che gracchiava perché non aveva più acqua, sistemare il movimento del braccio del fornaio che era uscito dalla guida. Era il tempo delle tegole in terracotta, come facciate di case vestite a festa, dalle cui finestrelle si intravedevano minuscoli alberi di Natale. Era il tempo che arrivavo a casa con strati di malta e brillantini attaccati alle mani. Via via il presepe si riduceva ogni anno di più, mentre perdeva interesse lasciando il posto a nuove tendenze man mano che crescevano i “social” e arrivavano nuovi impulsi ad un pubblico sempre più vasto ed esigente e cominciava per me, come per tutti la necessità di rincorrere la velocità dei cambiamenti per non rimanere indietro. Siamo ad oggi, qualcuno mi chiede ancora le tegole, qualcuno il presepe, qualcuno le sfere con il decoupage, le ghirlande stile nordico, le creazioni in feltro: di tutto un po’, piccole nicchie di tutto, è questo il cambiamento: lavorare a “nicchie” dove non c’è internet che tenga e dove, se riuscirò a stare al passo, potrò dire di essere veramente brava. La porta si è aperta di nuovo portando una ventata di gelo: sì, è ancora Natale e auguro a tutti qualcosa di buono, non so cosa, ma almeno riappropriarsi di sé stessi perché credo che negli ultimi due anni abbiamo un po’ smarrito la nostra essenza.