Ognuno mette alla prova se stesso secondo quelle che sono naturali inclinazioni. Per Felice Nucci più difficile è la sfida, maggiore è l’impegno nel tragitto che porterà al traguardo. E non si tratta di compiacere se stessi ma di trovare in modo originale terapie che funzionino adeguatamente quando la vita ti fa lo sgambetto ed improvvisamente ti priva di ciò che credevi fosse presente per sempre.
La storia di Felice è comparsa, all’indomani della Maratona di Roma, sulla cronaca di Roma del Corriere della Sera dopo essere stato premiato insieme agli altri ‘senatori’ presenti a tutte le 25 edizioni precedenti della gara.
“Tra di loro Felice Nucci, 65 anni, che ha deciso di curare la sindrome di Guillain Barré correndo. Non riusciva più a parlare, poi ha deciso di curarsi a modo proprio: maratona e ascese ripetute in bici al Terminillo. La scorsa settimana ha festeggiato la salita 2.217 sulla montagna di Roma (alta appunto 2.217 metri)…” Scrive Valerio Vecchiarelli traslasciando, per opportunità, le altre due terapie praticate dal coraggioso contiglianese che gli hanno restituito quanto per un periodo gli era stato sottratto: la scrittura e il canto.
Felice infatti ha già pubblicato due libri: piccoli insegnamenti, pillole di saggezza, da lasciare scivolare giù fino all’anima e risvegliarsi al mattino con qualche consapevolezza in più. Mentre la passione per la musica arriva da lontano e gli permette di circondarsi di amici nelle serate lunghissime in cui anche cantare diventa esercizio prezioso. “Ragionevole buonsenso direbbe di lasciar perdere quest'anno, di non provarci nemmeno, senza neanche un metro di corsa di allenamento non si può fare una maratona di 42 km – aveva scritto giorni fa sul suo profilo Facebook pensando a Roma, ma aveva subito aggiunto - È correre dietro all'impossibile però, tra successi e fallimenti che ti fa capire chi sei veramente e quale è la tua strada...”. Un esempio di come non abbattersi porti a risultati insperati, lui ormai testimonial di resilienza.
20_09_21