di Francesco Saverio Pasquetti - “Riète méa, nobile e jentile più de quante città che bée lu sòle, de stà lontanu a tì me ncresce e dole, e ne rappenno un parmu de moccile”.
Sono passati oltre tre secoli da quando Loreto Mattei, considerato il maggiore fra i letterati reatini, trascrisse il suo noto sonetto. Versi dialettali che esprimono - con notevole lirismo - l'amore del poeta per la sua città ed il suo struggente desiderio di farvi presto ritorno. Una Rieti definita, addirittura, “nobile e gentile” e per la cui lontananza sorge, nell'animo del Mattei, un insopprimibile nostalgia: “di star lontano da te mi incresce e duole” - dice - “e riappendo un palmo di broncio”. La sfida suprema per una Rieti che possa davvero rinascere ed avere una speranza, per il futuro prossimo, sorge proprio dall'imperativo categorico di riaccendere, soprattutto nei suoi “nativi” più giovani, questo perduto senso di appartenenza, questa ardente “nostalgia di casa”. Oggi, per chi ha figli che superino la maggiore età e si avventurino nell'agone universitario extra moenia, è nota dolente come non sia più così. Da tempo, ormai. Anzi, se possibile proprio in coloro che dovrebbero costituire la risorsa essenziale, per questa città, nasce per essa una profonda avversione. A volte legata a luoghi comuni striscianti, ma in grado troppo spesso di scoraggiare le coscienze e spronare il desiderio di migrare altrove. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, è un'ostilità giovanile che affonda le radici in problemi endemici di varia natura - a partire dal sopore culturale cittadino per giungere alla sempre più esigua offerta lavorativa locale - tali da suscitare nei novelli “transfughi” non già quell'afflato nostalgico di Matteiana memoria, quanto purtroppo un rigurgito nauseato e rabbioso che li tiene vieppiù lontani da un sito rammentato - e raramente quanto sporadicamente visitato - oramai solo per i natali, ma per null'altro. Maraini vinse la “sfida” dello zucchero. Strampelli la “battaglia” del grano. Oggi il cimento è assai più ampio, universale, quasi immane: non combattere la società liquida e globalizzata di oggi, come spesso in modo retrivo è accaduto negli animi dei reatini più tradizionalisti. Ma nemmeno assecondare passivamente l'onda di un mondo in vorticoso cambiamento, con il rischio - tutto legato all'accidiosità reatina - di lasciarsi travolgere definitivamente. La sfida è che Rieti diventi, finalmente, “instagrammabile”, per scimmiottare un modo di dire tipicamente giovanile legato al social oggi fra i più in voga. Una città in grado finalmente - grazie alla capacità (tutta da provare sul campo, s'intenda!) di attrarre le tante risorse oggi disponibili (fondi sisma 2016 e PNRR: tanti!) con progetti seri e mirati - di esaltare nella liquidità omogeneizzante della “social culture” la sua minuta, preziosa unicità di piccolo borgo dove la natura, l'arte, la cultura, la fede e l'ingegno dell'uomo sono sparse a piene mani. Attendono solo, come le tessere di un bellissimo puzzle da tempo abbandonato, di essere pazientemente curate, ritemprate ed, alla fine, ricomposte. Per poter finalmente ridipingere un quadro che, solo a guardarlo, si torni a dire “Riète mea, nobbile e jentile!” ed affrettarsi poi a fotografarlo con il proprio cellulare e a condividerlo!
(da Format mar-apr 2022)