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Novembre 2018

IL VENTO CALDO DELLA RIBELLIONE

IL VENTO CALDO DEL '68: LA MUSICA COME SOSTANZA STUPEFACENTE

I Club in città

rieti

 Il sessantotto italiano inizia con qualche mese di anticipo sul calendario e si prolunga ben oltre il 31 dicembre. Il profondo sommovimento iniziato in quell'anno durerà infatti oltre un decennio, e coinciderà con una radicale modernizzazione complessiva del paese. Ad accendere la miccia sono gli studenti universitari.

Nel mirino della contestazione ci sono sopratutto la connotazione classista del sistema dell'istruzione, denunciata anche da una parte del mondo cattolico a partire da don Lorenzo Milani autore del severo atto d'accusa Lettera a una professoressa, e l'autoritarismo accademico, interpretato come addestramento a un consenso e a una passività globali, per nulla limitati allo specifico universitario. La critica del movimento studentesco, i cui principali testi teorici vengono elaborati nelle università di Pisa, Torino e Trento, si appunta tanto contro il sistema capitalistico quanto contro le organizzazioni della sinistra, accusate di aver rinunciato a qualsiasi ipotesi di trasformazione radicale dell'esistente.

L'inequivoco schieramento all'estrema sinistra del movimento studentesco scatena i neofascisti. Il 16 marzo, guidati dai deputati del Msi Anderson e Caradonna assaltano la facoltà di lettere a Roma. Messi in fuga si barricano nella facoltà di legge tirando dalle finestre banchi e armadi. Il leader del movimento studentesco Oreste Scalzone resta gravemente ferito. La protesta degli studenti non trova alcun ascolto nel quadro politico di governo. Da cinque anni l'Italia è guidata da una maggioranza di centro sinistra, basata sull'alleanza tra Dc e Psi, che ha rapidamente accantonato le iniziali promesse riformiste. Offrono invece una sponda al movimento i partiti di sinistra, il Pci e il Psiup. Si tratta però di un flirt di breve durata.

Il Pci guarderà infatti prima con crescente sospetto, poi con aperta ostilità a un movimento che rifiuta di riconoscerne la leadership. Nelle elezioni politiche che si tengono in maggio, il Pci registra una lieve avanzata e il neonato Psiup, che raccoglie la maggior parte dei voti del movimento, coglie un notevole successo. Crollano invece i socialisti, che perdono oltre cinque punti percentuali, mentre la Dc mantiene le sue posizioni pressoché invariate.

(da www.romacivica.net/anpiroma/larepubblica/repubblica68.htm)

“A Rieti, dal punto di vista politico, all’epoca si sviluppò grande dibattito sull’industrializzazione del territorio (è necessario a questo punto estenderci dal ’68 ad inizio anni ’70) - continua Loris Brenci, testimone di questa puntata - cosa che avvenne con la nascita del nucleo industriale che avrebbe dovuto raggiungere i 15mila addetti. Deputato della DC era Franco Maria Malfatti, mentre quello regionale era Luigi Cipriani. Esistevano già gruppi istituzionalizzati come quelli della Sinistra riconosciuta, la Federazione Giovanile Comunista Italiana, oltre ai gruppi extraparlamentari. Questi ultimi definivano i primi “revisionisti”, e ci snobbavano in quanto social democratici (la più grossa offesa): ci accusavano insomma di aver abbandonato la rivoluzione a favore della procedura parlamentare. Tant’è che i passi successivi di Berlinguer furono figli naturali dell’allora Partito Comunista.

A Rieti c’era il Movimento Sociale, la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista, il Partito Comunista, il Partito Socialdemocratico, quello repubblicano ed il liberale. La partecipazione politica era sostanziosa, le sezioni erano considerate anche luogo di aggregazione e divertimento”.

Tra chi preferiva un’altra sorta di evasione ci fu un uso spropositato di sostanze proibite.

“Mentirei se non ammettessi che la nostra generazione registrò diverse morti per droga. Girava quella pesante, eroina, Lsd, di moda era l’hashish e la marijuana.- ricorda Loris - Quando andammo in gita  scolastica ad Amsterdam per molti fu come fare un giro nel Paese dei Balocchi!”

Altri invece si gettarono sulla musica come unica sostanza stupefacente: mai Rieti avrebbe registrato un fermento musicale pari a quei tempi!

“Tra le formazioni storiche di partenza c’erano “Le pozzanghere bianche” (Bruno Agnifili, Roberto Naspi, Neno Spadoni, Franco Simeoni) - ricorda Loris - sicuramente il gruppo migliore dal punto di vista musicale. C’erano poi i “Friend’s” (Franco del Re, Fernando Palmari, Gennarino Camardella, Capasso), “I Birilli” (Attilio Pasquetti, Carlo Fonso, Claudio Brogi, Carlo Franceschini, Rodolfo De Angelis), “I Sabini” (Roberto Lucandri, i fratelli Cippitelli ed altri)”.

L’apice della creatività si raggiunse con la grande manifestazione del “Festival dei Complessi”che convogliava nella nostra città i gruppi più noti. Per tre giorni Rieti viveva di sola musica: le Orme, i Rokes, i Motowns e tantissimi altri erano ospiti delle varie formazioni locali che prestavano loro i propri clubs per provare. Nascevano momenti di interessante scambio musicale ed umano in attesa delle tre serate ufficiali, stracolme, al Teatro Flavio Vespasiano. Accadde così che in una delle edizioni dal ’66 al ’69, i Sabini si esibissero con Maurizio Arcieri ed i New Dada vincendo.

Il Festival dei Complessi divenne successivamente “Parata di Primavera” ad esibirsi non erano più gruppi ma singoli cantanti. Il 25-27 aprile 1968 arriva a Rieti Lucio Battisti, canta “Balla Linda” che sarà una delle canzoni vincitrici della manifestazione.

“Era interessante osservare l’amicizia che circolava tra diversi gruppi. Capitò Bobby Solo mentre sul palco c’erano i Camaleonti: iniziarono a divertirsi per un paio d’ore con musica rock e tutto Elvis Presley, da impazzire!”

Quali erano all’epoca gli spazi a disposizione dei giovani?

“Ce li inventavamo giorno dopo giorno. La strada era il nostro principale luogo divertimento, bastava un pallone o un po’ di fantasia. Gli stessi club erano stati messi a posto da ognuno di noi: in fondo eravamo figli della ‘ricostruzione, i nostri genitori avevano avuto in eredità il dopo guerra ed erano abili artigiani. Da loro avevamo imparato a riparare, tinteggiare, costruire... Ogni club aveva il suo complesso, per la prima ora si esibiva dal vivo il gruppo e poi si continuava mettendo dei dischi. Il più famoso era il “Club ‘66” dei Sabini che si trasformerà in locale pubblico grazie a Roberto Lucandri e sua moglie Oriana. A proposito dei vari locali non dimentichiamo che Rieti aveva all’epoca diverse sale cinematografiche (il Moderno, il Modernetta, il Battistini ed il Lumiére) ed andare al cinema era per molti il rito del sabato dopo cena. Il film veniva seguito in maniera ‘partecipata’: si applaudiva, si fischiava, sembrava di assistere ad uno spettacolo dal vivo”. D’altronde a casa, la sera, non c’erano grandi opportunità di svago: la televisione offriva ancora solo due canali con 12 ore di trasmissione giornaliere, mentre quotidiani e settimanali si svecchiavano culturalmente, la RAI migliorava solo sul piano tecnico-professionale.

 

Stefania Santoprete

(da Format aprile 2008, quarta puntata)

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