a cura di Francesco Pasquetti

Aprile 2019

L'AVVOCATO DEL DIAVOLO

LA GOLPE ET IL LIONE, OVVERO: "SUMMUS IUS, SUMMA INIURIA"

amministrazione

(di Francesco Saverio Pasquetti) “Sendo adunque uno principe necessitato sapere bene usare la bestia, debbe di quelle pigliare la golpe et il lione”; il primo ha l'astuzia ma non la forza, per Machiavelli (“Il Principe”) Viceversa il leone. E “quello che ha saputo meglio usare la golpe, è meglio capitato”, conclude. Saranno sufficienti trentatrè ricche e documentate pagine prodotte dai quattro consiglieri d’opposizione contro la procedura di incompatibilità avviata dal primo cittadino a far tornare quest’ultimo sulla via della Golpe, lasciando da parte quella del Lione? Pomo della discordia, un errore di calcolo. Si dice. In realtà il nodo è la contestatissima lettura della norma (leggasi Testo Unico Enti Locali), ad oggi ufficiosamente messa in discussione anche dall’Anci stesso che, per districare la matassa, avrebbe richiesto un nuovo e definitivo parere al ministero dell’Interno. Voci che si rincorrono nei corridoi di Palazzo di Città. Ma aldilà di tutto, il vero pericolo incombe sul principio della democrazia rappresentativa. In un sol colpo, difatti, quattro dei più importanti fra gli esponenti dell'opposizione sarebbero fuori dal consiglio, con buona pace dei cittadini/elettori che ad essi, nelle ultime elezioni, hanno conferito quasi il 50% dei consensi. Un dato che non si può dimenticare facilmente. Per il Primo cittadino – ed il dirigente che ha “letto” la norma - non ci sono dubbi: il credito del comune è liquido ed esigibile (art. 63, comma 6). Via, allora, alla messa in mora ed alla procedura, ormai alle battute finali. Resta tuttavia, come un macigno, il problema valoriale, così come incomprensibile appare aver affrettato i tempi ed agito da “Lione”, pur in presenza di fortissimi e legittimi dubbi sull'intera questione che, in verità, necessitavano di un approccio da “Golpe”. Nei fatti, ciò che è chiaro è che nessun dolo né concorso di colpa c’è mai stato, da parte dei consiglieri a rischio, nel maturare il presunto indebito. Per anni ed in perfetta buona fede essi come i loro predecessori, sin dal 2006, hanno percepito, per la loro attività di amministratori, le indennità calcolate dagli uffici competenti. Chi c'era a capo di essi a far di conto? Chi fu l'autore del papocchio? La colpa è della provincia! (dicunt) Ma per legge ogni dirigente risponde degli atti che firma. Dov’è, dunque, l’urgenza? Perché invece, vista la totale assenza di dolo dei “consiglieri debitori” - che si considerano anch'essi parti lese della vicenda  - non attendere maggior chiarezza preservando in tal modo legalità e rappresentatività democratica? Travolgere a colpi di interpretazione la volontà popolare segnerebbe un vulnus gravissimo verso quella criterio democratico su cui si fonda il vivere comune, ferendo così a morte proprio l'istituto elettivo che è  garanzia di partecipazione di tutti alla res politica. “Eliminazione extrapolitica”, hanno commentato le opposizioni. A pensar male, si fa peccato!, dice il proverbio, ma un piccolo sospetto, in fondo in fondo, si fa strada. “Summum Ius, summa inIuria”, allora. Ovvero (per Treccani): l'applicazione rigida di una norma può diventare ingiustizia. Non lo dice l’opposizione, ma Cicerone. E lui, si sa, non ha la tessera del PD.

 

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