(di Stefania Santoprete) Un giro di valzer per ascoltare le opinioni di chi risulta a vario titolo coinvolto nell’acceso dibattito sul Consorzio Sabina Universitas, per poi scontrarsi con una realtà su cui alcuni erano stati alquanto ottimisti: la Tuscia avrebbe iniziato le procedure per riavere fino all'ultimo centesimo del debito accumulato, questo secondo quanto pubblicato su ‘Il Messaggero’. Notizia non giunta al Consorzio che, al momento della nostra andata in stampa, non avrebbe ricevuto comunicazioni in quello che ritiene essere comunque un atto formale.
Ma cosa avevano detto tutti gli attori principali di questa vicenda fino a qualche minuto prima?
Fondazione Varrone e Comune contestano al Consorzio costi di gestione troppo onerosi. Il consorzio, che vede insieme alcuni tra i principali attori istituzionali locali (Comune, Fondazione Varrone, la Camera di Commercio, la Asl, l’Asi, la Provincia, l’Ordine degli Avvocati e l’Ordine degli Ingegneri) da anni si dibatte in difficoltà finanziarie tali da aver concretamente rischiato, già nel 2017, la messa in liquidazione. A pesare sui conti del consorzio ci sono i debiti accumulati negli anni con la Sapienza (940 mila euro) e la Tuscia (854 mila euro) e i crediti verso i soci per le quote consortili mai versate (con cifre variabili da 40 mila a oltre 1 milione e mezzo di euro). Ne nasce così un comunicato congiunto Presidente D’Onofrio e sindaco di Rieti Cicchetti, dai toni imperativi “Fondazione Varrone e Comune di Rieti non si sono mai sottratti all’impegno, avendo garantito da soli negli ultimi 10 anni oltre 6,5 milioni di euro a testa – scrivono infine - I corsi universitari non sono in discussione, ma la gestione del consorzio necessita di una chiara correzione di rotta, se il rapporto tra costo dell’attività didattica e costo della gestione è nell’ordine di 40 e 60%. Serve una razionalizzazione delle spese ancora più incisiva di quella già iniziata.”
Il debito pregresso pesa anche sulle nuove convenzioni: è chiaro si chiedano garanzie anche per il prossimo futuro. Un certo irrigidimento era stato già intuito dalla Fondazione che esorta a fare i conti con la realtà abbandonando l’affascinante sport dei voli pindarici attuato in queste ore e di solito praticato da chi resta a guardare. Il Comune, pur partecipando con quote analoghe alla Fondazione Varrone avrebbe accumulato un debito consistente nel tempo, il fatto che sia stato approvato (431mila euro) e si sia preso l’impegno di onorarlo, seppure rateizzandolo ed avendo già versato la prima rata, migliora la situazione.
Tutto è in divenire. L’assemblea dei soci del 15 aprile (rinviata in queste ultime ore a metà maggio) rappresenta un passaggio formale interno: verrà presentato il bilancio approvato in consiglio d’amministrazione con una perdita di circa 240mila euro ed i soci dovranno decidere cosa fare. Se approvarlo o meno. Fermo restando tutto il debito pregresso ed in più la prospettiva del rinnovo delle convenzioni. Occorre capire come cambieranno i rapporti con l’Università, si chiede chiarezza al Consorzio che nel frattempo ha provveduto a rassicurare tutti, pur non nascondendo qualche problema su Viterbo. Il Socio Fondazione di questo quadro non ha certezza, e vorrebbe vedere sottoscritte le convenzioni alle nuove condizioni annunciate da Mitolo. Nella stessa data, contestualmente, si procederà al rinnovo delle cariche, ma la Governance risulta essere in secondo piano ora rispetto ai conti. Saranno i soci di maggioranza coloro probabilmente che dovranno esprimere il nuovo presidente in visione anche della sterzata richiesta.
Cosa potrebbe migliorare la rotta e veder nuovamente salpare a vele spiegate l’Università? L’appello che Antonio D'Onofrio fece intervenendo al forum organizzato da Il Messaggero a Palazzo Dosi, fu ai Comuni e agli imprenditori. “Ottimale sarebbe un fondo che i comuni della provincia potrebbero mettere insieme, con piccoli impegni di spesa, per dare un segnale di interesse più generale. La risorsa di un polo di studi, infatti, non è tanto un aiuto all’economia del capoluogo, che comunque investe 300mila euro nel consorzio universitario, quanto alla capacità di pensiero di tutto il territorio”. Considerando le casse asciutte delle amministrazioni vicine, rimane in piedi la possibilità che ad intervenire siano non certamente le attività asfittiche del territorio, ma colossi con interessi importanti nel reatino come Amazon, Acea, aziende che in un’ottica d’investimento nel welfare potrebbero ipotizzare un intervento apprezzabile. Fase anche questa comunque successiva al delicato momento attuale che richiama alla concretezza.
La Sabina Universitas viene da un semestre bianco a causa dell’uscita forzata del presidente Maurizio Chiarinelli con la reggenza di Vincenzo Regnini presidente della Camera di Commercio.
“Io sono nella scomoda posizione di essere anche il vice presidente vicario, agli onori della cronaca in un momento non facile. Nota positiva: nessuno mette in discussione che l’Università sia un asset decisivo per questo territorio. Dopodiché andando a verificare la sostenibilità di questo progetto emergono delle complessità, il numero dei soci storicamente si è progressivamente assottigliato. Tanto che il budget giunto nei periodi aurei a 2 milioni di euro, oggi, con le disponibilità espresse dai soci, dovrà assestarsi a circa 1 milione. Questa logica del ridimensionamento porta delle criticità nella gestione. I debiti pregressi sono quelli accumulati per la Tuscia e La Sapienza, spacchettato sulle scienze mediche e sui corsi legati ad ingegneria. Abbiamo chiesto in questi mesi una rimodulazione del passivo ed una contrattazione dei costi che hanno generato il debito. Ci sono dei soci che sono invece strategici, come l’Asl, mettendo a disposizione luoghi, materiale, docenti: un contributo che se quantizzato, come ha fatto la D’Innocenzo, vale quanto apportato da Fondazione e Comune. C’è una parte quindi non visibile. Così come definirei positivo l’indotto rappresentato da studenti che vivono, si muovono, mangiano, abitano in città. Non parliamo quindi di un ‘buco in bilancio’ ma di un problema. I debiti sono controbilanciati da altrettanti crediti che vanta il Consorzio nei confronti dei soci: se si riscuotessero tutte le pendenze potremmo ripianare. La Provincia che fino a ieri si impegnava a pagare oggi ha messo a disposizione un immobile, ma in termini di liquidità determina delle differenze. Chi invoca l’intervento della Regione (lo scorso anno è stato l’unico in cui non abbia contribuito) forse non è al corrente del fatto che non potrebbe intervenire nella gestione, ma solo agli investimenti del consorzio. S’impone un’iniezione di realismo a tutto campo: non abbiamo nulla in contrario rispetto al trasferimento della sede, ad esempio, ma il Consorzio da solo non può sostenere il costo del trasloco. La vera scommessa è quella di non ridurre la qualità dell’offerta. Il Consorzio universitario è uno strumento che eroga servizi: per farlo ha bisogno di persone, di strutture, di professionalità. E’ evidente che vada gestito nell’ambito di una budgettizzazione che è la nuova. Se vi dovesse essere il parziale passaggio dalla sede dell’istituto per Geometri a Palazzo Aluffi, ad esempio, diventerà opportuno lasciare Palazzo Dosi: sarebbe 40 mila euro risparmiate... esistono nuove tecnologie per la gestione delle segreterie, ci può permettere un quadro di razionalizzazione. Si indagherà a 360 gradi senza preclusioni:, la parte più sensibile sarà quella del personale, saranno gli enti tutti a capire come risolverlo. Ho detto sia al Sindaco che al Presidente d’Onofrio che io in questa fase posso contribuire alla definizione del progetto, non me ne sento l’esecutore, anche perché il 15 aprile ci sarà la costituzione della nuova Governance che dovrà sviluppare una visione. Chiediamoci però l’Università come deve essere letta? Come un momento di cultura per la nostra terra o come un grande soggetto che fa incoming? Chiediamo nel primo caso alla Sapienza di fare il biennio di Economia e Commercio, alleggeriamo Roma, portiamo qui 20 mila persone: questa è un’ipotesi. La seconda è caratterizzarsi: ad esempio con l’investimento IBM potremmo immaginare degli spin off? O vista la presenza di Amazon potremmo immaginare corsi serventi rispetto alla necessità del territorio? Non esiste una possibilità buona e una sbagliata, io sogno ci sia unità d’intenti per capire cosa si vuol fare con questo che non è un’ Università ma un Consorzio erogante servizi. Oggi abbiamo relazioni importanti, con la Tuscia e la Sapienza, ma senza alcun diritto di esclusiva, anche se è bene annotare come ormai il mondo universitario si stia orientando verso una regionalizzazione. Non abbiamo una forza politica od economica che ci permetta di stravolgere queste logiche. Non dimentichiamo che lo stesso 'Centro Jucci' che è sede distaccata dell’Università di Perugia è spesse volte precarizzato: cosa dismettono di solito? Le sedi periferiche. La Sapienza riconosce quantomeno che tra tutte le esperienze consortili frequentate, questa è quella che meglio funziona. La criticità è solo economica, tipica del territorio, bisogna affrontarla con responsabilità, senza fughe in avanti: leggo le sollecitazioni come positive, è la stampa a condirle con elementi polemici. Se avessimo pensato ed agito in momenti di vacche grasse forse avremmo oggi uno strumento diverso. Ora spero ci sia un gruppo di persone a disposizione del territorio, solo per puro spirito di servizio. Ricordo - termina Regnini - che la nostra attività è del tutto gratuita, questo non è un poltronificio. Servirà più il cattedratico oppure un manager? Non tutti vanno bene per tutte le stagioni.”
“Si stanno percorrendo delle vie strane per andare a migliorare una situazione delicata ma non drammatica - afferma il direttore del Consorzio Daniele Mitolo - Si vuole drammatizzare una situazione difficile nato non oggi o ieri ma da quando la Provincia, che era una delle tre gambe su cui si reggeva il Consorzio avendo insieme l’85%, è venuta quasi completamente a cadere. Non solo: aveva anche un debito importante nei nostri confronti, un milione e sette, e non avendo risorse fisiche per pagare quote consortili ha dato il via alla nostra crisi. Ebbene il Consorzio non è stato messo in liquidazione, la Provincia è rimasta socia ed è stata trovata una soluzione per i nostri conti: farci dare, non più a titolo gratuito come è stato per tanti anni, l’ultimo piano dei Geometri. Per razionalizzare le attività del Consorzio si era deciso lo scorso anno di lasciare le aule occupate al Consorzio Industriale e a Cittaducale e trasferirle raggruppandole ai Geometri, riconoscendo un canone concessorio di 8 anni (1 milione e due) alla Provincia più una parte in contanti (500mila euro). Il momento critico risolto formalmente da un punto di vista economico patrimoniale ha lasciato comunque problematiche relative alla finanza, alla cassa: rientreranno in modo indiretto nel tempo, caricando a tutti i soci la quota affitto. La Fondazione e il Comune hanno ora 40 per cento a testa, quest’ultimo ha fatto uno sforzo riconoscendo a fine 2018 oltre 400mila euro di debiti fuori bilancio nei nostri confronti. Ad oggi, pur prevedendo il pagamento entro il 31 dicembre dei primi 57mila euro, non sono stati ancora liquidati, altre due tranche sono previste nel mese di giugno e nel giugno dell’anno prossimo. Inoltre c’è il debito di circa 800mila euro alla chiusura del bilancio del 30 settembre 2018, ne ha pagati al momento 200mila e questo è incoraggiante. Situazione non facile però da gestire. Con il Consorzio Industriale abbiamo una situazione delicata, voleva uscire invocando l’incompatibilità con la legge Madia, ma il Tar ha escluso che sia obbligato a farlo e l’assemblea dei soci non ha ratificato il recesso, rimane la loro quota consortile di circa 50mila euro l’anno. Situazione attualmente ferma ma l’accorpamento deciso dalla Regione Lazio, a mio avviso - dice Mitolo – potrebbe in teoria facilitare i rapporti con quello che ora è un Consorzio Regionale, e quindi portarlo a rimanere Queste quindi le difficoltà di entrate, le uscite sono rappresentate dai debiti importanti nei confronti delle Università. Le nuove convenzioni, scadute al 30 settembre 2018 che prevedevano un costo annuale di 147mila euro +147 per la Sapienza e di 120 per la Tuscia, sono state ritrattate, approvate dal nostro consiglio il 13 marzo scorso ed inviate formalmente. La Sapienza ci ha assicurato che non ci sarebbero problemi e che il costo per quel che la riguarda scenderà a 40mila euro più 40 per le due facoltà, con una riduzione considerevole provocata dalla consapevolezza della nostra situazione ed avendo interesse a rimanere. In più, su nostra richiesta, ha dato disponibilità a ridurre il debito che abbiamo nei loro confronti. Ma sul nostro bilancio questo ancora non risulta. Tra noi e loro c’è una convenzione quadro fatta nel 2006 di durata ventennale, soggetta a ritrattazione ogni 3 anni sia per gli importi da regolare sia per alcune particolarità. Per esempio abbiamo perso il corso di Fisioterapia, ma abbiamo trasformato il corso di Ingegneria in quello Internazionale, mossa assai importante. Perdere fisioterapia è stato un peccato, al di là dei posti messi a bando circa 14, certamente un corso qualificante, non è stata una nostra volontà ma una scelta determinata dalla nuova normativa che ha imposto all’Università di tagliare su sedi distaccate per una questione di numeri. Attualmente abbiamo corsi di scienza della montagna, medicina, il corso di ingegneria in lingua inglese, e stiamo completando la triennale in lingua italiana così come la Magistrale, è evidente che se tutto procederà come deve, anche questa diventerà in lingua inglese. Gli studenti provengono al 50% dalla Provincia, mentre la restante metà è da fuori provincia, quelli del corso in lingua inglese provengono da Bangladesh, Cina, India, Ghana. Quali sono le forze che potrebbero entrare in campo? Qualcuno tra le multinazionali potrebbe aver interesse a sviluppare attività benefiche a supporto. La Convenzione con l’Alcli lo testimonia: la ricerca è finanziata da un’associazione benemerita che grazie alle donazioni dei privati ne investe una parte per fare ricerca grazie alle nostre attrezzature e professionalità. L’avvento di IBM su Rieti, ancora in fase iniziale, può portare (e già abbiamo fatto i primi passi in teoria) un corso di ingegneria informatica, anche questo a numero chiuso quindi non facilissimo. Con la presenza ‘mirata’ di un centro d’innovazione di una multinazionale di tale caratura unita alla bravura di noi tutti, potrebbe esserci l’interesse anche specifico da parte di IBM, qualora il progetto su Rieti aprisse prospettive non a tre anni come stabilito ma a lungo termine, di agire in modo sinergico col territorio. Ora abbiamo bisogno di rimanere uniti su questo progetto “Università” perché l’alternativa è chiuderla. Non c’è nulla io credo di più importante su cui continuare ad investire da parte dei soci.”
La Provincia, come abbiamo detto, ha ormai il ruolo di socio di minoranza, con una quota simbolica intorno all’1%, ma riveste un ruolo strategico per quanto riguarda il supporto logistico. Il suo Presidente, Mariano Calisse, aveva annunciato la disponibilità di circa un milione di euro da investire per dare all’Università una sede comoda e prestigiosa. “Le 24 classi del Magistrale, sparse in altre zone della Città dopo l’ordinanza di inagibilità della succursale, troveranno nuova sede ai "Geometri" mentre la Sabina Universitas, si sposterà nella ex caserma dei carabinieri di via Cintia -ci spiega - Occorre però ricevere ancora il parere dei vigili del fuoco per poi procedere con l’appalto per il completamento del Palazzo, mancano impianti, infissi, pavimenti”. Sarà necessario capire i tempi tecnici poiché un trasloco sarà possibile, a detta del Consorzio, solo nei mesi di luglio ed agosto ad attività sospese. Rispetto alla destinazione iniziale ad uffici pubblici, le norme antincendio relative alla destinazione ad aule scolastiche sono più stringenti. “Fisseremo poi una data per mostrare il progetto a parte degli studenti e al Professore coordinatore di Ingegneria per coinvolgerli nella messa in sicurezza generale”. Ribadisce Calisse la sua ferma volontà di sostenere un progetto strategico per il nostro territorio, impegnandosi qualora cambino le regole in merito alle società partecipate, a contribuire maggiormente. C’è anche l’impegno ad esortare i Comuni ad approvare un ordine del giorno sia pure più politico che economico, considerando la situazione delle piccole amministrazioni. L’ipotizzato cambio di sede porta con sé il valore aggiunto per la città di una rivalutazione e rivivificazione del centro storico, obiettivo da sempre perseguito. Purtroppo lo spazio sarà insufficiente ad accogliere totalmente le attività: siamo a circa 1.500 mq contro i 3.000 dei Geometri. Resterebbero fuori i laboratori che rimarrebbero quindi al piano terra dei Geometri unitamente al corso di Scienza della Montagna per i quali sono indispensabili.
Leggerete su questo sito aggiornamenti su quanto accadrà quando verrà presentato al CdA del Consorzio Sabina Universitas il bilancio 2018. Dipenderà da quell’incontro probabilmente il futuro del polo universitario di Rieti.