(di Manuela Marinelli) Accadeva una volta, quando pioveva che, in alcune zone intorno a Rieti, l’aria si impregnasse della fragranza della resina dei pini, bagnati dalla pioggia. Un vago sentore di incenso profumava le giornate, scandite dalla pioggerellina leggera, ma insistente, che imbibiva il suolo, rendendolo fertile e fresco. Alla fine dell’inverno il profumo dei pruni selvatici, delle viole e delle primule, si mescolava nell’aria ancora frizzante. I mughetti, a maggio, spandevano la loro intensa fragranza dai piccoli capolini inclinati.
Il profumo dei minuscoli e insignificanti fiori di tiglio annunciava l’inizio dell’estate. Nei viali, lungo le mura, i tigli, alti e poderosi, emanavano il loro intenso, dolcissimo saluto. Le mura frastagliate, austere e severe, rivestite di grigi, ruvidi massi, fronteggiavano accigliate i lunghi filari di tigli allineati, opponendo, al loro inebriante profumo, luminosi rettangoli di azzurro, incastrati fra le pietre scure. Il dolce effluvio dei tigli, insieme allo stridio delle rondini e all’impazzare dei loro frenetici voli, annunciava le vacanze imminenti.
Cinguettii, richiami e il fischiettare di qualche viandante, facevano da colonna sonora alle lunghe passeggiate balsamiche intorno alle mura.
Certo non era tutto bello e non andava tutto bene. In alcune giornate l’aria si caricava di un inquietante e sinistro odore di uova marce ad annunciare uno sviluppo che non avrebbe portato lontano. Ciò nonostante la vita era ancora a misura d’uomo. Era un mondo spartano, ma immerso nella natura, rispettoso e attento ai suoi ritmi, non tanto per consapevolezza, quanto per necessità. Un mondo in cui si cresceva in una collettività che trasmetteva valori e affetti, oltre che un frugale benessere. Un mondo ancora basato su un sistema produttivo legato alle reali risorse del territorio e che non polverizzava le persone, distruggendone le abilità e le conoscenze, acquisite nei secoli.
In cambio della dilapidazione di tutto questo cosa abbiamo ottenuto? “Gadgets”, cioè specchietti per le allodole, pagati con il futuro delle nuove generazioni che più di tutti hanno tutto da perdere. Ce lo ricordano ogni venerdì i FridaysForFuture di Greta Thunberg, anche a Rieti, dove i ragazzi della Media Sisti hanno dato la sveglia alla città.
I cambiamenti climatici sono la punta di un enorme iceberg che solo l’irrazionale frenesia accumulatrice continua a non ammettere. La devastazione irreversibile, prodotta dalla terza Rivoluzione Industriale a partire dal 1970, ha innescato processi incontrollati e imprevedibili.
La responsabilità non è della tecnologia, ma del suo impiego distorto, finalizzato all’arricchimento di pochi e basato su un modello di sviluppo illimitato che, in un pianeta limitato, è irragionevole e catastrofico. Ma la tecnologia che, impiegata per servire l’avidità di pochi produce disastri, se finalizzata al bene collettivo può riparare molti danni. Ma dobbiamo affrettarci, non c’è più tempo da perdere.