Marzo 2019

LibrIncipit

'IL FIGLIO DI TROPPO' IL NUOVO LIBRO DI CHIARA DEL SOLDATO

libri

(di Domenico Di Cesare) Il figlio di troppo / Chiara Del Soldato / Prospettiva editrice (€13,00) 

L’incipit:

Il piede sospeso per un attimo lunghissimo prima che si poggi sul gradino più basso.

Quasi un volo.

Se dividessimo in segmenti temporali quello spazio, vedremmo che il piede percorre una fitta sequenza di frazioni, prima di appropriarsi pesantemente del terreno stabile.

Come un vecchio che si arpiona al bastone o al corrimano prima di trovare il coraggio di lanciarsi in quel movimento spregiudicato, in cui sente il suo corpo sbilanciato in avanti, indifeso, vulnerabile.

Vertigine.

Come le nostre decisioni. Viste da un lontano temporale appaiono velocemente assunte, ma nell’istante della scelta i momenti che ti portano dal punto A al punto B sono quasi infiniti.

 

Zelinda, sposata e madre di tre bambini, aspetta il figlio di una relazione extraconiugale già finita e non sa cosa farne, quando inaspettatamente la moglie del suo ex le chiede di portare avanti la gravidanza per lei. Saranno loro a far crescere il bambino. La cosa è legale.
Inizia così “Il figlio di troppo”, il nuovo romanzo di Chiara Del Soldato, che torna ad interessarsi dei complessi rapporti familiari e degli ancor più complessi meccanismi dell’animo umano, con una storia insolita dove il protagonista, il figlio di troppo del titolo, è conteso da due donne, la madre biologica che ha difficoltà a tenerlo e la presunta madre adottiva, che si rende disponibile a crescerlo, in quanto moglie del vero padre. Il Signor Zigote, come viene chiamato in una favola, intanto cresce dentro Zelinda e chiede la sua attenzione e di poter vivere.


Un romanzo contro l’aborto, dunque? Chiediamo all’autrice
Certamente sì, ma non solo. Il romanzo esalta il valore della vita, ma non cade mai nella retorica dell’idillio. Anzi la storia di Zelinda mostra come ogni esistenza sia carica di imprevisti, ostacoli, periodi bui, nella maturità, ma anche nel periodo dell’adolescenza.


Già, perché la protagonista mostra di avere qualche conto irrisolto che si porta dentro dalla sua vita passata.
Proprio così. Ho infatti scelto di raccontare tutto in prima persona e non solo. Il lettore ascolta tutti i pensieri della donna, nei quali la sua mente si perde nei momenti in cui il presente non la risucchia con i suoi doveri.E in questi pensieri ci sono ricordi, nostalgie, dubbi, ipotesi. Assistiamo continuamente ad un intersecarsi di tre piani temporali diversi, passato, presente e futuro, e questo ci svela poco a poco la vera natura di Zelinda, generosa, ma anche narcisistica, di certo ancora immatura di fronte aun sentimento complicato com’è l’amore, tanto da cadere nella trappola della relazione extraconiugale, per fuggire da una vita che sente come una prigione.


Pirandello, dunque?
Pirandello è sempre stato il mio maestro di pensiero, da quando l’ho incontrato. Ma non tanto nel tema della vita-prigione, quanto in quello del relativismo. Ognuno ha la sua verità, ci insegna, e appunto entrando nella mente di Zelinda ho mostrato la sua verità. Alla fine il lettore capisce tante cose di lei e anziché giudicarla severamente per le sue scelte è portato ad essere più indulgente.


Quali altri temi sono individuabili nel romanzo?
Per me uno dei più importanti è la manutenzione degli affetti, la cura quotidiana che dobbiamo usare per preservare le cose che riteniamo importanti; ma anche, accanto a questa, l’attenzione verso i bambini, la cui sensibilità non va mai sottovalutata. I figli ci guardano, insomma, e assimilano i nostri errori, le fragilità, le tensioni. Non dobbiamo pensare che, in quanto piccoli, non osservino attentamente.


Interessante nel romanzo è proprio l’universo della letteratura.
Sì, Zelinda legge molto, evade attraverso i romanzi e rischia a volte di immedesimarsi troppo nelle vite altrui o di cercare fuori di sé delle risposte. I romanzi sono la sua oasi di pace, ma d’altra parte per chi non lo sono?


C’è Rieti, come sfondo di questo romanzo. È una Rieti descritta con amore e, direi, una punta di nostalgia. Roma invece è più anonima.
È vero. È un tributo dovuto a una città che mi ha accolto con gentilezza trentasei anni fa e nella quale ho vissuto sempre con molto piacere. Nel romanzo è inoltre la città dell’infanzia di Zelinda, quindi è legata a ricordi che la memoria ha addolcito. Roma è la città del suo presente, caotica e estranea come lei lo è nella sua vita attuale. Ecco perché ho voluto dare due descrizioni diverse, più lirica quella della nostra città, più fredda quella di Roma.


Per finire, ci vuole dire come nascono le idee dei suoi romanzi?
Sono sempre stata attirata da situazioni realistiche, anche se inusuali. I giornali, in genere, mi danno suggerimenti. Alcuni di questi diventano i primi fotogrammi della storia. Perché gli scrittori sono gazze ladre, che rubano dalla vita degli altri, o dai giornali, come insegno nei corsi di scrittura creativa che effettuo nelle scuole.

 

Chiara Del Soldato insegna materie letterarie al Liceo Scientifico. È autrice di Jader, I colori dell’anima, Magia di un’idea, La vita che forse, Non sempre la stessa storia, Ti amerò mio malgrado, Servitori danzanti.

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