di Massimo Palozzi - Politicamente parlando, il fatto principale della settimana è stata l’ufficializzazione della candidatura a sindaco di Rieti di Carlo Ubertini per il Terzo polo. Al momento le forze che lo sostengono sono il Psi (suo partito di appartenenza) e l’associazione Nome Officina politica, oltre a formazioni minori. Uniti per Rieti, l’altro soggetto che fin dall’inizio lo ha proposto, si trova invece ancora in una fase di stallo, alle prese con un impegnativo confronto interno. La lista è d’altronde composta da esponenti provenienti per la gran parte dal centrodestra e l’adesione a un rassemblement di stampo centrista, ma con marcate aperture progressiste, non rappresenta un approdo facilmente digeribile.
Defilato rimane pure il Movimento 5 stelle, che agli esordi aveva appoggiato Ubertini. Le primarie di due settimane fa e la ricomposizione naturale delle coalizioni in via di allestimento hanno mutato il quadro in maniera significativa, chiudendo ai grillini la possibilità di aderire in prima battuta al “campo largo” di centrosinistra e costringendoli ora a scelte identitarie piuttosto complicate.
Dal canto suo, Ubertini è convinto di arrivare al ballottaggio. Una posizione scontata e doverosa quantomeno sul piano motivazionale, che però deve fare i conti con i numeri. Ad oggi, i contendenti più accreditati per sfidarsi al secondo turno restano infatti Daniele Sinibaldi per il centrodestra e Simone Petrangeli, in corsa per il centrosinistra dopo aver vinto nettamente le primarie ai danni di Claudio Di Berardino.
Nella sua prima uscita pubblica dopo l’annuncio della candidatura, Ubertini (che nella giunta Petrangeli è stato assessore tra il 2012 e il 2017) si è proposto come aggregatore, insistendo molto sulla necessità per Rieti di avere forze politiche in grado di unire per costituire un fronte comune rispetto alle tante criticità irrisolte e per gestire nel migliore dei modi il corposo flusso di finanziamenti legati al Next generation Eu e al Piano nazionale di ripresa e resilienza. L’appello lanciato si scontra con il panorama politico locale dove con lui sono già tre i candidati formalizzati e potrebbero verosimilmente arrivarne degli altri nel corso delle prossime settimane. Sarà dunque difficile assecondare l’invito all’unità, alla luce del fatto che durante la campagna elettorale tutti i concorrenti tenderanno ad enfatizzare le manchevolezze altrui per esaltare l’idea di città proposta dallo schieramento di appartenenza.
Tra i tanti, uno spunto in particolare evocato da Ubertini merita una sottolineatura: quello relativo alla mobilità passiva. Nel gergo giornalistico questi termini vengono applicati alle carenze strutturali e organizzative dei servizi sanitari pubblici che costringono i reatini a rivolgersi fuori provincia, se non fuori regione, per ricevere cure adeguate. La scarsa attrattività del de Lellis è del resto documentata da molte rilevazioni e dal comune sentire, nonostante il deciso miglioramento rivendicato di recente dalla Asl. Secondo i dati diffusi dal direttore generale Marinella D’Innocenzo nel corso di una conferenza stampa lo scorso 3 marzo, tra il 2017 e il 2020 la mobilità passiva è diminuita addirittura del 25%, con un trend in progressiva ulteriore discesa. Gli indicatori sono in qualche misura confortanti, ma i problemi rimangono. Al momento le speranze sono tutte riposte nel nuovo ospedale in via di realizzazione, con l’auspicio che possa sopperire almeno in parte alle molte lacune dell’attuale, aggravate dai danni del terremoto del 2016 che ha pure distrutto quello di Amatrice.
Ma, nota Ubertini, la mobilità passiva che affligge Rieti è anche quella degli studenti obbligati ad andare fuori città per seguire i corsi universitari o quella dei lavoratori, soprattutto i più giovani, in cerca di sistemazioni professionali all’altezza delle proprie aspirazioni.
Per una singolare coincidenza la riflessione si collega idealmente all’articolata esposizione di Fabrizio Barca in occasione della presentazione del suo libro “Disuguaglianze Conflitto Sviluppo. La pandemia, la sinistra, il partito che non c’è”, avvenuta lunedì scorso nella Sala dei Cordari su iniziativa delle associazioni Controvento e Pop.
L’appuntamento è stato per la verità un pretesto per un evento elettorale a sostegno di Simone Petrangeli, intervenuto solo alla fine ed in videoconferenza. Pur con tutti i caveat del caso, le riflessioni dell’ex ministro della Coesione territoriale del governo Monti si sono comunque sviluppate intorno a concetti capaci di mescolare con rara efficacia questioni di altissimo profilo (etico, oltre che sostanziale) e piani di azione locale traducibili in atti concreti anche in una piccola realtà come la nostra.
Insieme ad Andrea Morniroli, Barca è il coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità promosso da otto organizzazioni di varia estrazione culturale, tra cui Caritas, Legambiente e Cittadinanzattiva. Al momento il Forum è in campo con 15 proposte per la giustizia sociale che coinvolgono le autorità nazionali ai massimi livelli, ma anche i cittadini e gli amministratori locali, insieme ai corpi sociali intermedi come sindacati e associazioni.
Al di là del merito, le proposte si connotano per il taglio innovativo a cui si accompagna però il requisito fondamentale della fattibilità. Altrimenti, traducendo il pensiero dello stesso Barca, ogni sforzo rimarrà confinato in uno sterile esercizio teorico.
E a proposito di vivacità intellettuale, quello stesso giorno è stato presentato un altro libro, “Il profumo di mio padre” di Emanuele Fiano. Voluto dalla sezione reatina dell’Anpi (Associazione nazionale dei partigiani d’Italia) in vista della Festa della Liberazione del 25 aprile, l’incontro ha avuto luogo nella sala convegni del Lungovelino Cafè con la partecipazione dell’autore. Fiano è deputato del Pd e figlio di Nedo, imprenditore, scrittore e attivista ebreo deportato ad Auschwitz ed unico superstite della sua famiglia. Se mai ce ne fosse bisogno, il dovere della memoria verso l’Olocausto si conferma ineludibile ancora oggi con la guerra nel cuore dell’Europa perfino nella pacifica Rieti, dove giovedì la Digos, su mandato della procura di Torino, ha effettuato una perquisizione a carico di un cinquantenne nell’ambito di una vasta operazione mirata a disarticolare una pericolosa organizzazione di natura nazi-fascista, razzista e antisemita. Benché si tratti di frange estreme e minoritarie, è un segnale d’allarme da non sottovalutare. Come con tutt’altra predisposizione d’animo non va sottovalutata la perdurante incapacità di programmazione delle (rare) iniziative culturali di alto livello che si tengono in città. Già in passato avevamo segnalato l’accavallarsi di manifestazioni nella stessa giornata ad inframmezzare lunghissimi periodi di stasi. Lunedì la storia si è ripetuta, con due personaggi di spessore presenti a Rieti in contemporanea.
Chiaramente non è possibile pensare di sincronizzare le agende degli ospiti né, tantomeno, pretendere un coordinamento tra i comitati organizzatori. Una gestione meno approssimativa degli eventi culturali darebbe tuttavia modo al pubblico degli interessati di partecipare in maniera più diretta e produttiva, con il non indifferente effetto collaterale di mostrare platee più numerose (Covid permettendo) alle personalità in visita.
A conclusione di una settimana davvero densa di libri e politica, venerdì Sinibaldi è intervenuto al dibattito messo in cantiere da Comunità Rieti alla Sala dei Cordari per parlare di “Lobby e logge” con Luca Palamara. L’ex giudice radiato dalla magistratura è autore insieme ad Alessandro Sallusti di due volumi (questo è il secondo, dopo “Il sistema”) nei quali ha svelato inquietanti retroscena sui meccanismi del pianeta giustizia italiano.
20–03-2022