di Massimo Palozzi - Oggi fino alle 23 e domani dalle 7 alle 15 urne aperte per le elezioni regionali. C’è da scegliere il presidente che succederà a Nicola Zingaretti e i componenti del nuovo consiglio regionale. Rieti eleggerà un solo consigliere, a meno che qualche reatino candidato altrove non riesca a conquistarsi un seggio.
Il centrosinistra che ha governato nelle ultime due legislature punta sull’assessore uscente alla Sanità Alessio D’Amato. Politico di lungo corso, di estrazione sinistra radicale (ex Pdci), è stato incoronato, senza passare dalle primarie, leader di un’ampia coalizione che comprende Pd, Terzo Polo, Verdi, +Europa, Psi, Demos e una lista civica. Conta sulla sua esperienza amministrativa e sui successi ottenuti in ambito sanitario. L’uscita nel 2020 da dodici anni di commissariamento rappresenta il fiore all’occhiello di un sostanzioso cursus honorum. Ma D’Amato può vantare anche una gestione dell’emergenza Covid tutto sommato migliore rispetto ad altre Regioni maggiormente referenziate. Puntare sui successi in una materia tanto delicata come la cura della salute è comunque una mossa ad altissimo rischio. Le lunghe attese nella prenotazione delle prestazioni, i pronto soccorso al collasso, una medicina territoriale da reinventare sono solo alcune delle criticità che peseranno nella valutazione degli elettori, fermo restando che la Regione si occupa anche di altro, sebbene la sanità costituisca l’impegno principale già in termini di spesa.
Il competitor più accreditato è sull’altro fronte l’ex presidente della Croce Rossa Francesco Rocca. Rocca è un esponente della cosiddetta società civile, con però una chiara matrice politica di destra. Lo supportano sei liste: Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Udc, Noi moderati e una civica. I sondaggi lo indicano in netto vantaggio, anche sull’onda del trionfo elettorale del centrodestra alle politiche del 25 settembre.
Quanto sia strategico il Lazio (si vota pure in Lombardia) lo dimostra il dispiegamento di forze messo in campo nelle ultime settimane. Persino a Rieti, la più piccola delle cinque province, è passato quasi tutto il governo, tra ministri e sottosegretari. Sul piano dei contenuti la forza d’urto, almeno verbale, è stata dirompente. Dopo la Salaria, il Terminillo e la ricostruzione post-terremoto dati come dossier praticamente risolti la scorsa settimana nel corso dei vari appuntamenti della campagna elettorale, in questa abbiamo sistemato l’Istituto sperimentale di cerealicoltura di Campomoro dedicato a Nazareno Strampelli. Ad annunciarne il recupero è stato il ministro dell'Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida in persona durante un incontro pubblico svoltosi mercoledì. “Non può rimanere così uno dei patrimoni più importanti della nostra nazione se non del pianeta”, ha tuonato il ministro che, oltre ad essere cognato del premier Giorgia Meloni, è stato anche consigliere regionale e assessore nella giunta di Renata Polverini tra il 2010 e il 2013. “L’eccellenza risiede a Rieti in questo campo. E prendo qui pubblicamente l’impegno di mettere in sicurezza il patrimonio di Nazareno Strampelli e valorizzare quello che ci ha lasciato e che ha lasciato a Rieti”.
Secondo il sindaco Daniele Sinibaldi la visita del ministro dell’Agricoltura segna una svolta per l’Istituto “lasciato finora in stato di abbandono e che questa amministrazione certamente saprà destinare a un futuro migliore”. Per la verità l’Istituto è di proprietà fin dalle origini proprio dell’amministrazione comunale a cui è stato riaffidato nel 2020. Fino al 2013 è stato utilizzato dal Centro ricerche agricole del ministero dell’Agricoltura, istituzione poi trasformata in Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea). A seguito della decisione del Crea di non utilizzarla più, la struttura di Campomoro è stata riconsegnata al Comune di Rieti senza la servitù di utilizzo il 18 dicembre del 2020, quando ormai era inagibile per i danni causati dal terremoto.
Oggi l’immobile è in stato di abbandono e a rischio disfacimento. Nel fabbricato sono conservati gli strumenti e le cartelle degli studi condotti da Strampelli nella prima metà del Novecento, oltre alle centinaia di teche in vetro contenenti tutte le qualità di grano frutto delle sperimentazioni dello scienziato marchigiano condotte proprio in quella sede.
Il paradosso è che i soldi per ristrutturarlo ci sarebbero. Su delega del Comune di Rieti, il 18 febbraio 2018 il Crea ha infatti incassato da un’assicurazione la somma di 316.875,14 euro a titolo di risarcimento danni, solo che all’atto della riconsegna al Comune da parte del ministero dell’Agricoltura non è seguita la restituzione di quanto riscosso dal Crea. Né il Comune è stato in grado in questi cinque anni di recuperare il malloppo. Per questo lo scorso 5 settembre il giornalista reatino Tito Cheli ha presentato una denuncia alla Procura della Repubblica di Rieti e alla Corte dei conti.
Tornando alle Regionali, la terza candidata in lizza è Donatella Bianchi, conduttrice televisiva ed ex presidente del Wwf Italia, in corsa per il Movimento 5 stelle e per la lista ecologista Polo progressista. Come D’Amato, la Bianchi sconta il momento favorevole al centrodestra. Il mancato accordo con il Pd sembrerebbe aver pregiudicato in maniera definitiva la corsa di entrambi, protagonisti peraltro di una campagna elettorale in cui non si sono risparmiati critiche e attacchi reciproci. Chiudono il lotto dei candidati a presidente Sonia Pecorilli per il Pci e Rosa Rinaldi di Unione popolare.
Chi vincerà lo sapremo domani sera. Nel frattempo queste elezioni hanno magicamente portato in dono l’inaugurazione della terrazza a fianco del teatro Flavio Vespasiano, avvenuta mercoledì previa ripavimentazione della strada. Largo Cairoli è stato così finalmente liberato dalle transenne che lo fasciavano e la città ha potuto riappropriarsi di un’opera che ha ridato decoro a quella parte di centro storico dopo anni di lavori.
Il tempismo preelettorale è stato perfetto. L’esito un po’ più discutibile. Intanto l’affaccio della terrazza non ha nulla di panoramico. Il manufatto poi risulta oltremodo massiccio, per non dire pesante, e in contrasto con le armonie ottocentesche del teatro. Quelli bravi faranno notare che persino all’ingresso del Louvre è stata costruita una piramide di vetro del tutto decontestualizzata, ma qui non parliamo del Louvre e non è detto che a Parigi abbiano fatto un lavoro eccelso. Infine i materiali. È auspicabile che il candore dei primi giorni si mantenga tale e soprattutto che la terrazza non faccia la fine di piazza Oberdan e piazza Mazzini, teatro delle scorrerie dei ragazzini sugli skateboard e terreno di conquista degli zozzoni che non sanno tenersi la gomma in bocca.
12–02-2023