di Massimo Palozzi - Il regalo di commiato dell’amministrazione regionale porta le sembianze del Patto per la Sicurezza dell’area del Reatino, approvato nei giorni scorsi dalla giunta del Lazio. Come recita il comunicato licenziato dalla Pisana, l’iniziativa è volta ad elevare gli standard di sicurezza e contrastare le situazioni di illegalità, dando corso ad azioni sinergiche e progetti specifici in aree ritenute critiche per la sicurezza, la vivibilità e la coesione sociale, individuando e condividendo obiettivi, tempi di attuazione e risorse.
Il Patto nasce su input dell’assessore Valentina Corrado dopo un confronto diretto con le rappresentanze locali per comprendere le necessità e le problematiche del territorio in seguito alle segnalazioni pervenute soprattutto in relazione al dilagante fenomeno del traffico di stupefacenti.
“A tal fine – ha spiegato Corrado – si prevede l’implementazione di sistemi di videosorveglianza, garantendo l’accesso e la condivisione delle informazioni acquisite con le centrali operative delle forze dell’ordine. È prevista altresì l’attuazione di un progetto di controllo straordinario del territorio gestito da personale della Polizia locale, così da rafforzare ulteriormente il controllo coordinato del territorio già attuato dalle forze di Polizia. Il patto, in ultimo, istituisce presso la prefettura d Rieti una cabina di monitoraggio composta da tre componenti designati rispettivamente dal prefetto, dall’assessore regionale alla Sicurezza e dal sindaco di Rieti. La cabina di monitoraggio si riunirà periodicamente al fine di verificare e monitorare l’andamento delle attività previste e le eventuali situazioni di criticità, individuare ulteriori soluzioni, solleciti, segnalazioni agli organi istituzionali”.
Sulla carta si tratta di un progetto condivisibile, soprattutto perché supportato da adeguati sostegni finanziari. Rimane però il dubbio sulla sua reale efficacia, alla luce degli scarsi risultati sortiti da iniziative analoghe portate avanti negli anni.
A giugno 2018, ad esempio, sempre presso la prefettura reatina erano stati firmati analoghi Patti per l’attuazione della Sicurezza urbana con l’obiettivo di rafforzare le azioni di prevenzione e contrasto dei fenomeni di criminalità diffusa e predatoria. A sottoscrivere gli accordi il prefetto e i sindaci di Rieti, Ascrea, Cittareale, Micigliano, Petrella Salto, Rivodutri e Torricella in Sabina. L’atto costituiva la precondizione formale per l’accesso da parte dei Comuni alle risorse stanziate dalla legge per il finanziamento di progetti per l’installazione e potenziamento dei sistemi di videosorveglianza nelle aree più sensibili, secondo una procedura valutativa per l’ammissione al finanziamento in base a una graduatoria nazionale fino all’esaurimento delle risorse stanziate.
Se a distanza di quattro anni e mezzo ci ritroviamo ad adottare le stesse misure ipotizzate allora significa che passi avanti non se ne sono compiuti. Del resto basta leggere la cronaca per rendersene conto. Dai furti negli appartamenti alle retate per droga non passa giorno che non succeda qualcosa. Giovedì sera l’ennesima rissa tra nigeriani davanti a un bar di Porta Conca ha causato il ferimento alla mano di un uomo, forse con un collo di bottiglia spaccato, e richiesto il massiccio intervento delle forze dell’ordine per riportare la calma. Un episodio peraltro niente affatto inedito in quella zona della città. A ottobre in via Nuova la Polizia era stata chiamata per sedare un’altra violenta lite sempre a colpi di bottiglie rotte e coltelli. Risale invece ad appena un paio di settimane fa il caso del 25enne romeno che ha seminato il panico dalla stazione a via Pescheria, dove si era anche denudato, passando nella sua scorribanda per piazza Oberdan. L’intervento di due poliziotti e l’arresto dell’uomo in una chiara situazione di pericolosità ha pure suscitato una lunga scia di polemiche per l’uso dello sfollagente ad opera di uno degli agenti che, per questo, è finito sotto procedimento disciplinare.
Nonostante sull’accaduto sia calato il silenzio, va poi ricordato l’attentato incendiario contro un’auto del Comune parcheggiata lungo viale Morroni. Era il 7 febbraio e da una macchina in corsa venne lanciata una molotov che distrusse la Punto in dotazione al Settore Lavori pubblici.
Insomma, la situazione nel centro storico del capoluogo si è fatta sempre più precaria e non soltanto per l’aumento delle attività di spaccio. Si aggiungono le ataviche difficoltà di gestione del fenomeno immigratorio e l’evoluzione del contesto criminale, sfiorando la tempesta perfetta, tenendo presente il quadro di raccordo nel quale spicca un sostanziale abbandono del centro storico: da parte dei residenti, che preferiscono altre zone del capoluogo meglio servite, e di conseguenza degli imprenditori del commercio, che con le loro chiusure (a fronte di qualche coraggiosa sporadica apertura) ormai da tempo sono insieme involontari responsabili e vittime della desertificazione delle vie del cuore antico di Rieti, con la partecipazione attiva degli enti locali che da anni non hanno uno straccio di politica da mettere in campo.
I temporary shop (vezzosa quanto provincialissima definizione inglese per indicare negozi aperti solo per pochi giorni) inaugurati sempre giovedì in occasione delle festività natalizie, sono la riprova più lampante di un fallimento complessivo che porta all’assurda celebrazione di attività effimere, avviate per di più con l’aiuto di finanziamenti pubblici, tanto per dare un po’ di colore alle giornate di fine anno.
Ben venga dunque il Patto regionale per la sicurezza, anche se la sensazione è che occorra fare molto di più.
11–12-2022