di Massimo Palozzi - Il consiglio comunale di Rieti venerdì ha approvato all’unanimità un ordine del giorno per tentare di dare concretezza istituzionale alla risposta alla crisi che sta investendo la Reset. L’azienda è attiva nel settore delle energie rinnovabili e da quattro mesi non paga gli stipendi ai suoi 70 dipendenti, nonostante operi in un campo all’avanguardia e abbia ricevuto ordinativi rilevanti.
La storia parte da lontano. Alla fine di settembre le maestranze avevano dato mandato ai sindacati di proclamare lo stato d’agitazione a seguito di un incontro dagli esiti deludenti avuto con la direzione aziendale presso la sede di Confindustria. Già un mese fa gli effetti del cattivo andamento degli affari cominciavano dunque a farsi sentire, benché la loro esatta origine non fosse ben definita. “Dalla riunione” - avevano scritto allora in una nota congiunta i rappresentanti di categoria di Cgil, Cisl e Uil - “è emerso chiaramente che sussistono difficoltà dovute in parte anche all’attuale situazione del mercato. E nonostante ci siano commesse importanti con impianti da realizzare da qui a fine anno, si registrano grossi problemi per portarle a termine”.
A distanza di un mese la situazione non solo non si è sbloccata ma sembra ulteriormente peggiorata, con i dipendenti che vedono drammaticamente allungarsi il periodo di mancata corresponsione dei salari, mentre restano ancora ignoti i motivi che hanno provocato lo stallo. Lo ha evidenziato a, commento dei lavori del consiglio comunale, NOME Officina Politica “soprattutto considerando che l’azienda, almeno sulla carta e stanti i diversi riconoscimenti e i brevetti ottenuti, appariva solida e incamminata verso brillanti prospettive. Così perlomeno era stata presentata dai vertici del Comune di Rieti in occasione della nascita della cosiddetta Apea (l’Area produttiva ecologicamente attrezzata) ad aprile 2019, di cui Reset era uno tra i principali partner privati. Né vi sarebbe stato modo di dubitare, trattandosi di una impresa sostanzialmente afferente alla logica della transizione ecologica ed energetica che dunque, a maggior ragione in questo periodo, dovrebbe cogliere delle opportunità”. Una constatazione peraltro condivisa da diversi osservatori e da cui è partito il consigliere Carlo Ubertini per mettere con le spalle al muro la proprietà, chiedendo che “si presenti in consiglio comunale per spiegare le ragioni della sua crisi alla città e per assumersi, sempre di fronte alla città, le sue responsabilità nei confronti dei lavoratori”.
Al di là della singola vicenda, il punto è che, come scritto nel documento votato dalla massima assise civica, “si tratterebbe dell’ennesima crisi aziendale che investe il territorio reatino, con gravi ripercussioni da un punto di vista occupazionale, sociale ed economico, che andrebbe ad indebolire ulteriormente il tessuto produttivo della nostra città già provato dagli effetti del sisma 2016 e aggravato da una crisi economico-finanziaria su larga scala”.
La vicenda Reset si inserisce nel generale clima di sfiducia che si respira tra gli addetti ai lavori. Secondo l’indagine Movimprese presentata sempre venerdì durante l’assemblea di Unioncamere, guerra e caro energia frenano anche nell’Alto Lazio la vitalità del sistema produttivo. Il forte incremento delle chiusure aziendali e il rallentamento delle nuove iscrizioni nel registro delle imprese della Camera di Commercio Rieti Viterbo hanno determinato, nel terzo trimestre dell’anno, un saldo attivo di sole 39 unità rispetto al 30 giugno, di cui appena 6 nella nostra provincia.
L’analisi trimestrale sull’evoluzione del tessuto imprenditoriale condotta da Unioncamere e InfoCamere contabilizza percentuali di poco superiori allo zero (+0,07% rispetto a un anno fa), perfino al di sotto della media nazionale attestata su un debolissimo +0,22%. E se nei primi nove mesi del 2022 l’Alto Lazio ha fatto segnare un tasso di crescita delle imprese dello 0,7%, in quest’ultimo trimestre il trend ha rallentato parecchio, trascinato al ribasso dall’andamento negativo del comparto delle costruzioni. Dopo i sostanziosi progressi rilevati grazie ai cantieri del terremoto e ai vari bonus, l’edilizia cede ora abbastanza di netto con un saldo finale di -0,3%. Le cause sono un mix micidiale di fattori congiunturali, aggravati dall’incertezza nella gestione degli stessi bonus e nella possibilità di cedere i crediti.
La timida crescita delle imprese nel distretto Rieti-Viterbo nello scorcio di tempo preso in esame non basta quindi a dipingere un quadro a tinte meno fosche, soprattutto in proiezione futura. Nel commento del presidente della Cciaa Domenico Merlani si percepisce tutta la preoccupazione per i mesi a venire: “il timore è che questi dati che dimostrano una forte tenuta del tessuto imprenditoriale, non dureranno a lungo e prevediamo purtroppo un’inversione di tendenza per fine anno a causa delle difficoltà nei costi, in primis quello delle materie energetiche, che gli imprenditori stanno sostenendo, a cui si aggiunge l’aumento del costo del denaro. Auspichiamo quindi un intervento del governo e dell’Europa per scongiurare un effetto domino che si rivelerebbe disastroso per l’intero paese”.
Davanti a una tale prospettiva si comprende il senso d’impotenza degli amministratori locali e la scarsa efficacia delle iniziative messe in campo. L’ordine del giorno del consiglio comunale del capoluogo rischia in altre parole di finire catalogato tra le tante sterili testimonianze di solidarietà e vicinanza ai lavoratori colpiti dagli effetti della crisi della loro azienda: oggi la Reset, ieri mille altre, domani chissà.
Fermi restando i ristretti margini operativi concessi alle istituzioni territoriali, continuano però a mancare attività programmatorie mirate a facilitare le iniziative imprenditoriali e ad incoraggiare gli insediamenti produttivi. I limiti di prospetto si avvertono nelle tempistiche eccessivamente lunghe per attivare meccanismi anche piuttosto semplici (la grottesca vicenda dell’ascensore tra via San Pietro Martire e piazza Cesare Battisti è esemplare) o ancor più per mantenere in efficienza e nella disponibilità della collettività asset importanti in diversi ambiti.
Per fortuna di molti politici i reatini hanno la memoria corta, ma è normale che una città che si picca di fare della cultura e dello sport i suoi fiori all’occhiello si faccia sequestrare dalla magistratura in rapida successione prima il teatro Flavio Vespasiano e poi il PalaMalfatti? O che non riesca a garantire un’adeguata manutenzione del prato dello stadio Scopigno, ridotto ai minimi termini dopo le disavventure societarie della squadra di calcio? O che per riaprire il PalaSojourner o una piscina ci sia bisogno di speciali riti apotropaici?
È chiaro che poi gli imprenditori faticano anche solo a pensare di poter ricevere un sostegno da amministrazioni con un curriculum del genere, quando è evidente che con l’aria che tira nessuno può pensare di cavarsela autorizzando l’occupazione gratuita di suolo pubblico per i dehor di qualche bar o ristorante.
30–10-2022