a cura di Massimo Palozzi

Novembre 2022

IL DOMENICALE

AMBIENTE O ECONOMIA, L’ETERNO DILEMMA

ambiente, città, Innovazione, politica

di Massimo Palozzi - Lunedì è uscita la consueta classifica sulla qualità della vita nelle province italiane, giunta quest’anno alla 24esima edizione. Secondo lo studio condotto da Italia Oggi e Università La Sapienza, Rieti si piazza al 61° posto scalando tre posizioni rispetto al 2021 (ma nel 2020 era 37esima, sebbene con un balzo record di ben 34 posizioni rispetto al 2019). Tra le città capoluogo del Lazio, siamo dietro soltanto a Roma, sopravanzando nell’ordine Viterbo, Latina e Frosinone.

Gli indicatori con i numeri più elevati sono i soliti: bassa criminalità, sebbene in crescita rispetto al passato, e pochi veicoli circolanti (23esimo posto), a tutto beneficio della qualità dell’aria che non a caso registra la più bassa presenza di Pm10 in Italia, secondo quanto certificato da un altro studio pubblicato dal Sole 24 Ore sempre lunedì. Anche nella classifica “Ecosistema Urbano” del quotidiano di Confindustria l’ambiente è in effetti la voce che premia maggiormente Rieti, nonostante il 45° posto finale: una posizione discreta ma non entusiasmante, che si spiega alla luce dalla media dei valori dei 18 parametri presi in considerazione, alcuni dei quali toccano i punti estremi della graduatoria. Per verde urbano, ad esempio, la nostra provincia si colloca al 3° posto e, come detto, addirittura al primo per superamento di Pm10 nell’aria (dunque, la migliore in Italia). Al contrario, secondo le elaborazioni di Legambiente che ha curato l’indagine, Rieti si pone al 102esimo posto su 107 per la dispersione di acqua e al 103esimo per il solare pubblico.

Senza dubbio è lo spreco idrico la voce che fa più male. L’unica vera risorsa naturale su cui può contare il Reatino viene letteralmente buttata via per l’incapacità di intervenire sulle maggiori criticità e sulle inadeguatezze del sistema acquedottistico: cambiano gli assetti societari, mutano le denominazioni amministrative ma il risultato rimane sempre lo stesso, nonostante le roboanti rivendicazioni di merito degli enti deputati alla gestione e alla distribuzione dell’acqua in provincia.

Questo elemento dolorosamente negativo può essere letto in controluce con quello ben più confortante relativo al pulviscolo. L’aria pulita è un capitale dal valore inestimabile e la rimarchevole performance registrata da “Ecosistema Urbano” deve essere di stimolo per conservarne e migliorarne la qualità. Se poi ci chiediamo invece i motivi di un tale successo, qualche risvolto meno apprezzabile viene purtroppo a galla.

Il particolato è un inquinante insidiosissimo generato da fonti molto diverse tra loro: alcune naturali, molte altre di origine antropica. I maggiori responsabili della diffusione nell’atmosfera di polveri sottili sono infatti i motori di auto, camion, autobus, aerei e navi; il riscaldamento domestico; l’usura di freni, pneumatici e asfalto, insieme alle emissioni industriali, degli inceneritori e delle centrali termoelettriche. In poche parole attività produttive e mezzi di trasporto spesso a queste connessi.

Un dato di tale portata comporta una constatazione: premesso che la coscienza ambientale dei reatini non pare molto più sensibile di quella del resto degli italiani, l’equazione basso inquinamento uguale ridotto sviluppo manifatturiero scatta in automatico. Il che in assoluto potrebbe essere una buona notizia. Lo è un po’ meno pensando alla desertificazione del nucleo industriale e alle ataviche difficoltà di fare impresa sul territorio.

Su questo versante in settimana sono accadute delle cose importanti. Intanto si è sbloccata la vertenza Reset. Proprio lunedì i 70 lavoratori che dall’estate scorsa non percepivano lo stipendio sono tornati in fabbrica dopo diversi giorni di sciopero a seguito dell’accredito della prima tranche di spettanze, come concordato nel vertice in prefettura la settimana precedente.

Poi giovedì, alla fiera Ecomondo di Rimini, Acea Ambiente ha presentato il polo della plastica che sorgerà nel capannone ex Ritel entro il 2024. Con un investimento di 35 milioni di euro, la multiservizi capitolina sta già realizzando il più grande impianto del gruppo nel centro Italia, dove a regime verranno trattate 90mila tonnellate all’anno di plastica proveniente dalla raccolta differenziata. Come ha spiegato il sindaco di Cittaducale Leonardo Ranalli, “dal processo di lavorazione si otterranno diverse tipologie di prodotti pronti ad avere una seconda vita sotto forma di bottiglie in pet, flaconi e film in polietilene o cassette per ortofrutta e imballaggi misti.”.

Recuperare i rifiuti della differenziata urbana, creare posti di lavoro e generare indotto sono le direttrici che il progetto intende seguire. Ne manca però forse una, come qualcuno ha già notato facendo i conti della serva. Se per legge un Tir può trasportare al massimo 44 tonnellate, per movimentarne 90mila ne servono 2045 all’anno, cioè circa 6 al giorno ogni giorno dell’anno. E questo solo per il conferimento della materia prima. Altrettanti ne dovrebbero essere utilizzati in uscita per i prodotti finiti, quindi all’incirca 12 Tir al giorno al servizio del costruendo impianto. Davanti a questi numeri la domanda nasce spontanea: quanto siamo disposti a sacrificare dell’isola felice in termini ambientali per avviare Rieti su un concreto sviluppo industriale? Gli estremismi sono dannosi in un senso come nell’altro: trovare il giusto equilibrio non sarà facile.

A proposito di inquinamento atmosferico, che a Rieti girino poche macchine è un dato oggettivo, messo tuttavia in seria discussione in questi giorni a seguito delle chiusure delle strade per i cantieri dell’Anas dedicati agli svincoli sulla Salaria. I disagi non mancano, però per una volta vanno sopportati con benevolenza. Alla fine Rieti potrà infatti disporre di infrastrutture oggettivamente utili che ci riportano al quesito di fondo: i lavori in città hanno causato code e rallentamenti. Gli stessi problemi li sperimentano in contemporanea i tanti pendolari che sono costretti a viaggiare verso Roma e che si trovano imbottigliati nel traffico a causa di altri interventi all’altezza dell’ormai famigerata rotatoria di Borgo Santa Maria. In maniera del tutto involontaria, questi “tappi” hanno evidenziato come la (relativamente) contenuta circolazione dei reatini sia riconducibile non tanto all’esistenza di efficientissimi mezzi di trasporto pubblico o a scelte alternative più ecologiche tipo le biciclette. Molto più semplicemente, per Rieti camminano poche vetture perché lavoratori e studenti sono costretti ad usarle per andare fuori provincia ogni santo giorno. Allora delle due l’una: o si resta confinati in un contesto di quasi purezza senza “interferenze” esterne, oppure si sacrifica qualcosa in nome di un bene superiore senza eccessi (si chiama sviluppo sostenibile). Purtroppo, per fare la frittata bisogna ancora rompere le uova.

 

13–11-2022

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